Dardano Sacchetti - Panchina - Il male, questo concime necessario

Dardano Sacchetti – Panchina – Il male, questo concime necessario

        Lontano giace il mondo, perso in un abisso profondo

                                                                                Inni alla notte, Novalis

 

 

Improvvisamente

ognuno di noi avverte la massa oscura. E’ nel nulla infinito, eppure accanto ad ogni singolo individuo, dentro di lui radicata a illuminare inquietudini primigenie che agitano entità opposte: poesia e ragione, una di quelle irrisolvibili e fascinose binarietà del mondo perso, citato da un grande aratore dello Sturm und Drang: riflessioni sulla nostra fragile condizione piegata all’obbedienza della legge cosmica, divina, naturale, sociale; ovvero attratta da quelle meravigliose Colonne d’Ercole, da quel Rubicone che drammaticamente siamo sfidati a varcare senza temere il gorgo della vita dove perdere tutto, anche il respiro, quel soffio che ci ha animato in un giardino.

Sono su una panchina, nel cuore di un parco. Respiro, osservo, vedo, fisso, conosco. Un parco è solo un bel giardino. Un eden dove giocano i bambini, cresce l’erba, ci si nutre, si ama, si fanno scoperte. Un luogo dove crescono gli alberi.

 

 

עץ הדעת טוב ורע, etz ha-daʿat tov va-raʿ

L’albero della conoscenza, del bene e del male. Genesi 2,17

 

E’ l’ albero da temere, da cui stare lontani. Ha un frutto proibito ma seducente. Dà conoscenza, stupori e desideri, da opzioni, possibilità, soluzioni, alternative, stimoli, mete da raggiungere, soddisfazioni, dà la misura di quanto possa essere grande un uomo, fino a paragonarsi col suo creatore. Sfidarlo. Superarlo. Vivere senza di lui. Libero da ogni vincolo ma a costo di perdersi nel buio, nella massa oscura.

Per questo il frutto è da evitare come fosse una malattia, una corruzione, la pietra di inciampo che ti scaraventa via dal percorso che ti è stato assegnato. Per completare quel percorso devi serbare l’innocenza, non avere curiosità illecite, non interrogarti sulla legge, sulle regole che scandiscono il nostro percorso. Regole che Giobbe affrontò con grande umilissima pazienza accettando perdite e immani sofferenze per tenere lontano dalla sua fedeltà alla legge il male fisico morale sociale storico cosmico.

Il Male. L’annichilimento, la disumanizzazione, la perdita, il disorientamento, la negazione del senso della vita, di tutto ciò che offre il Bene.

Eppure il male è così seducente, stimolante, appagante, in perfetta armonia con tutte le mie voglie e/o debolezze umane.

L’asinello di Buridano doveva scegliere tra due ceste di fieno uguali.

La scelta dell’uomo è tra due ceste diverse, opposte, l’una l’ossimoro dell’altra. Dà una parte la conformità alla legge, dall’altra l’anticonformismo, la trasgressività, la ribellione.

La morale umana, sociale, borghese, divina, cosmica non dà possibilità di scelta. Bolla come peccato il Male sanzionando l’uomo che abbia la ventura di sceglierlo come indegno, infame, infelice, posseduto dal demonio, incline a ogni forma di delitto e turpitudine, corrotto e corruttore, dissoluto, violentatore. Sanzioni che vorrebbero togliere all’uomo la possibilità di scegliere tra le due ceste, tra l’anelito dell’umanità intera per la salvezza finale e la libertà di dire no. Voglio altro. Mi sento alto e voglio un altro percorso e soprattutto voglio sceglierlo da solo, liberamente. Si parla anche della banalità del male, riducendolo troppo sbrigativamente ad una forma di sudditanza alle più basse e vergognose pulsioni umani, all’indecenza.

Ma non è così. In epoca di pandemia, quando la saggezza e la legge, suggerivano (in realtà imponevano) di rispettare il lockdown per contrastare la malattia, col passare dei giorni di affacciava una insofferenza dettata da una voglia di libertà, di vivere secondo le proprie abitudini, le proprie voglie. Di seguire l’istinto e non cedere al conformismo imposto dalle regole per raggiungere l’immunità di gregge. No, la gente non voleva sentirsi gregge. Voleva seguire il proprio istinto, mettersi alla prova. Sfidare la sorte, oltre che la legge. Conoscere, decidere, rubare il fuoco agli dei, andare oltre le colonne d’Ercole. L’istinto è una forza eccezionale, fa superare ogni ostacolo, fa scalare montagne, ti porta oltre ogni limite, ti lancia verso imprese enormi, verso grandi soddisfazioni e appagamenti, verso la conoscenza di te stesso. La ragazza pakistana che non voleva sottomettersi alla legge del padre ha messo in gioco la sua vita. E così è stato ma non ha ceduto.

Qualche tempo fa ho detto ad un prete che stavo cercando il senso della mia vita. Non mi ha mai risposto, ha eluso in silenzio la domanda. Forse anche lui lo sta cercando. È da molto che cerco una risposta portandomi al limite. A quattordici anni trovai un uccellino. Lo strinsi in mano. Stavo per dargli la morte solo per curiosità, poi decisi di lasciarlo volar via. In quel momento mi sentii non buono ma potente e decisi di non lasciare mai a nessuno di decidere della mia vita.

Ma il Male non è mai solo alto e filosofico, il male (uso la minuscola non a caso) è anche e soltanto vizio, dei più turpi, debolezza, infamia, cattiveria, vigliaccheria, prostituzione, tradimento, meschinità, sopruso, violenza. Il male è anche ripugnante, eppure attrae, seduce molto più del bene perché il vero vizio dell’uomo è vivere secondo la propria essenza, quella a cui non riesce mai a dire no.

Mi piace chiudere con una citazione da Il ladro di Genet: faccio un mestiere schifoso e lo faccio in un modo schifoso.

Chi non cerca alibi per gli atti che compie sa sempre quale è il valore di questi atti e sa che ogni giorno, ogni istante come l’asino di Buridano sta tra due ceste: il bene e il male e spesso sceglie consapevolmente il male. Per una miserabile soddisfazione o per una grande impresa, ma anche la più grande impresa è sempre e solamente Male.

Almeno per la morale umana, borghese, civile, divina, cosmica.

 

Il Bene induce alla cautela, alla prudenza, alla pazienza, mentre Male è l’energia dell’universo, o il suo concime.

 

Dardano Sacchetti