Fabio Marangoni - The sentinel

Fabio Marangoni – The sentinel

“Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l’eterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.

Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate.”

Con questo ammonimento – o presagio? – estrapolato dal terzo Canto dell’Inferno di Dante, la pellicola diretta da Michael WinnerThe Sentinel” spalanca letteralmente quella Porta per rigurgitare fuori, ma solo alla fine, ciò che si cela in questo film datato 1977 che dà punti a tanti odierni filmuncoli supereroistici distribuiti a ogni latitudine.

Ma partiamo dall’inizio, da lontano, da “quando”.

Non ricordo il momento esatto in cui ho sentito parlare per la prima volta di questa pellicola ma di certo è successo casualmente grazie a qualche clip e recensione fatta da altri: da lì è partita la ricerca.

Attualmente non esiste un’edizione italiana in dvd – mentre è facilmente reperibile con audio originale –. Doppiata, uscì unicamente per la “CiC Video”, la vhs ormai introvabile. Ma, cercando bene, ho scoperto che almeno un passaggio recente nell’era digitale c’è stato: su “Horror Channel Italia”, canale pay di Sky, cinque anni fa (potete vedere qui lo spot pubblicitario: https://www.youtube.com/watch?v=VioMVjBJulo). Inoltre, essendo un “vietato ai minori di 18”, circola una versione tv tagliata con aggiunta di scene diverse, “riempitive”.

Insomma, un film maledetto, in tutti i sensi.

La trama

La bella Alison Parker è una modella di successo, è felice e appagata dalla relazione con il fidanzato avvocato Michael, ma le manca qualcosa: l’indipendenza. Non si accontenta di vivere nella casa di lui con vista Central Park, ne vuole una tutta sua e dopo vari annunci salta fuori l’affare che fa al caso suo, un appartamento in una palazzina di Brooklyn Heights.

Tutto sembra andare per il verso giusto ma prima di trasferirsi riceve una telefonata da Boston: l’anziano padre è in fin di vita, questo la riporta a traumi adolescenziali mai superati del tutto e, al ritorno, l’iniziale idillio nella nuova casa sembra incrinarsi dopo i primi istanti: gli inquilini sono dei tipi strani, innocui ma bizzarri, e all’ultimo piano vive un prete cieco, un “recluso” le dice l’ageTnte immobiliare, che passa il tempo alla finestra – “… ma se non vede, cosa guarda?” si chiede Alison in direzione dalla strada –: è la Sentinella.

Se state pensando a “L’esorcista” di William Friedkin non vi sbagliate: dopo l’uscita nelle sale, nel 1973, di questo capolavoro, il cinema horror – e non solo – non è più stato lo stesso.

Ovvio che dopo un successo così epocale la macchina cinema abbia tentato di replicare il film cavalcando un genere all’epoca nuovo e sconvolgente, proprio perché legato alle superstizioni e alla dottrina cattolica diffusa in tutto l’Occidente e capace di scuotere l’anima, in tutti i sensi. Gli Anni Settanta sono così quelli destinati a vedere un buon numero di film di possessioni, anticristi e poveri diavoli vari, e anche in Italia ci sono delle interessanti elaborazioni sul tema che magari saranno oggetto di future disquisizioni, chissà.

Ma Sentinel non narra di ragazzine indemoniate e pappette verdi. E’ basato su un soggetto scritto da Jeffrey Konvitz, autore del romanzo omonimo pubblicato in italiano come “La Sentinella del male” da Sonzogno (e mai ristampato da allora), co-autore della sceneggiatura insieme al regista Michael Winner, che fu la seconda scelta della produzione dopo il rifiuto niente meno che di Don Siegel, il quale non sentiva nelle sue corde questo genere.

Neanche Michael Winner era un “regista di film dell’orrore”, anzi: questo resta la sua unica incursione nel genere, eppure dimostra di conoscere i tempi della paura meravigliosamente bene, complice una buona sceneggiatura forse merito della collaborazione con lo stesso Konvitz, la mente che ha partorito la storia. Riesce a inquietare lo spettatore ancora adesso, a catturare l’occhio cinefilo abituato agli eccessi più estremi, spesso fini a se stessi.

La vecchia scuola ci insegna a dosarli in un crescendo continuo. Se proprio bisogna fare un appunto allo script è il non aver rinunciato a una sotto trama parallela che poco serve all’architettura della storia. Mi riferisco all’indagine condotta in sordina dai due detective nei confronti del fidanzato della protagonista: è accusato di aver spinto al suicidio l’ex moglie e di influenzare negativamente Alison, ma non ci casca nessuno, è evidente che il malessere della sfortunata modella è associato a quella casa che le sta prosciugando la vita.

D’altronde il personaggio è caratterizzato come oggi ci si aspetta che lo sia, in quel ruolo: c’è un trauma nel passato recente della donna e questo sarà il contrappeso narrativo, l’altalena, che giostrerà magistralmente lo spettatore tra la banale realtà di un tranquillo quartiere residenziale e la follia delle presenze che abitano il vecchio stabile e assorbono le forze della giovane man mano che il destino per lei scritto sta per compiersi.

Non ultimo è da sottolineare l’intero cast: solitamente nei film del terrore la produzione opta per attori di secondo piano o esordienti da affiancare a un paio di nomi celebri “da cartellone” capaci di attirare il pubblico. Qui invece sono state arruolate stelle di Hollywood e giovani promesse anche nei ruoli minori. Oltre alla bella e brava Cristina Raines nei panni della protagonista e di Chris Sarandon in quelli del fidanzato, abbiamo nomi noti come Eli Wallach – il detective Gatz – che ha per assistente nientemeno che un giovane Christopher Walken. Martin Balsam è il professor Ruzinsky in un’unica scena dove aiuta il fidanzato di lei a decifrare un messaggio in latino; John Carradine è l’inquietante Padre Halloran “la sentinella”, Arthur Kennedy è Monsignor Franchino, Burgess Meredith – ricordate l’allenatore di Rocky? – è il vicino di casa Charles Chazen; Beverly D’Angelo è Sandra, amica della coppia, Jeff Goldblum è Jack il fotografo e, nel ruolo dell’agente immobiliare che affitta la casa a Alison, c’è addirittura Ava Gardner!

Michael Winner (1935-2013) noto soprattutto per i polizieschi e il sodalizio artistico con Charles Bronson, col quale ha diretto il seminale “Il giustiziere della notte” (Death Wish, 1974), dimostra classe e padronanza nel gestire il linguaggio della suspense e della paura come pochi altri. “The Sentinel” è un film da riscoprire e mettere alla pari di caposaldi come “L’esorcista”. Amen.

Fabio Marangoni