Patrizia Raveggi – Commento a “Regalo di Natale”

the world ends with a whimper.

I lettori del Foglio Letterario che stanno scorrendo queste righe, hanno forse già avuto modo di dare un’occhiata alla prima puntata della miniserie americana tratta da The Stand, (L’ombra dello scorpione nella traduzione italiana, A dança da morte in quella portoghese ), classico dell’orrore post-apocalittico la cui prima stesura risale al 1978, la prima riduzione filmica al 1994, è considerato dal pubblico americano il più ambizioso romanzo di Stephen King e anche- per motivi che mi sfuggono- il più riuscito. L’adattamento per piccolo schermo della piattaforma americana CBS All Access è stato annunciato in uscita il 17 dicembre 2020.

Outside the street’s on fire in a real death waltz ….i versi di Jungleland, composizione di Bruce Springstreen 1975, posti in esergo alla prima versione di The Stand introducono il tema: la vera danza di morte è una forma di influenza mortale ad altissimo tasso di contagio (99,4%) sfuggita da un laboratorio texano e propagatasi per tutto il paese con la velocità del pensiero. Il genere umano viene sterminato nella quasi totalità, pochi i sopravvissuti, misteriosamente immuni al virus.

Il primo episodio della miniserie televisiva 2020 sarà intitolato “The end”, dai versi che T.S. Eliot pose in epigrafe a “The hollow men” [Gli uomini vuoti] ( pare siano tra i versi più citati di qualsiasi poeta di lingua inglese di tutto il XX secolo).

This is the way the world ends
This is the way the world ends
This is the way the world ends
Not with a bang but a whimper

Emily Temple, giornalista americana esperta in ragionate compilazioni di opere letterarie, ha pubblicato un mese fa l’elenco dei 50 più grandi romanzi sull’apocalisse; qualcuno deve pur sopravvivere alla fine del mondo,- osserva Emily- per raccontare com’è andata. E che storie ne sono emerse! L’immaginazione della fine dell’esistenza è antica quanto l’esistenza stessa, la narrazione dell’apocalisse è doviziosa e alcuni spunti ci colpiscono per la loro sorprendente attualità (e in alcuni casi per l’incredibile tasso profetico). Durante l’aggressione del corona virus si è molto citato Cecità di Saramago 1995, The Andromeda Strain di Michael Crichton 1969, The eyes of darkness di Dean Koontz 1981(in quest’ultimo si parla dell’arma batteriologica Wuhan 400 prodotta nel laboratorio di Wuhan in Cina e di una mortale epidemia di polmonite vaticinata per l’anno 2020), Stazione undici di Emily St John Mandel 2014, e si sono individuate molte altre premonitorie e allegoriche narrazioni.

La maggior parte dei romanzi centrati su pandemie distruttive riflette sulle cause di queste catastrofi: agenti patogeni alieni o terrestri, armi batteriologiche, guerre biologiche, tutto generato dall’azione umana, da una notte dell’etica che Saramago allegorizza con la perdita della vista. “Per restituire agli uomini una speranza collettiva, recuperare le ragioni di una solidale pietà, sarà necessario inventare un itinerario di salvazione, superare egoismo e violenza”.

Il gemito con cui il mondo corre incontro alla sua fine nei versi di T.S. Eliot, Così finisce il mondo/ Non con uno scoppio ma con un gemito ci riconduce al lamentoso “fut…fut…fut..pliz” in “Regalo di Natale” e anche alla sorda depressione del padre del piccolo protagonista, che ha visto finire il proprio mondo con la perdita di lavoro e dignità al momento del trasferimento in Cina dell’azienda nella quale per anni aveva diligentemente prestato la sua opera. L’episodio reale cui il racconto si ispira risale agli anni ’80, una raffineria di nafta dell’Oltremura sloveno fu venduta in blocco dalla Repubblica Jugoslava alla Cina, il racconto invece è ambientato in tempi molto più vicini, tra l’ingresso della Slovenia nel Patto Schengen (21 dicembre 2007) e la crisi mondiale dell’economia del 2008, quando la giovane Repubblica di Slovenia cominciò a essere attraversata da incessanti flussi migratori. Nel 2010, scrivendo questo racconto sull’onda degli eventi migratori, Miha Mazzini forse non immaginava che nel 2020 il “pericolo cinese” sarebbe stato più incombente e attuale che mai e la Cina più che mai vicina.

L’autore, Miha Mazzini: chi è costui? Nel suo blog in inglese presenta se stesso, la sua attività e la sua opera, inoltre- per chiarire il segreto di una capacità fuori dal comune di introspezione psicologica e di umorismo, nonché della complessità antropologica, sociologica e storica intrinseca alla propria creatività- ci offre una chiave fondamentale: la prova documentaria di un acquisto che getta su di lui una luce tutta speciale. Il documento è riprodotto nel suddetto blog: https://www.mihamazzini.com/EN/presskit.html

Poche settimane or sono, il film tratto dall’omonimo romanzo Izbrisana, Miha Mazzini, Goga 2014, (I cancellati, BE 2018, traduzione Michele Obit) ha avuto l’onore di una sfilza di tweet governativi della serie “i panni sporchi si lavano in casa”, ovvero, perché finanziare un film su un argomento di cui la Slovenia ha solo da vergognarsi? Si tratta della catastrofe umanitaria perpetrata sotto il Governo di coalizione Demos (destra moderata) nel 1992, la Repubblica di Slovenia era allora agli albori della sua indipendenza: 25 671 cittadini che da anni vivevano e lavoravano in Slovenia vennero cancellati dai registri dei residenti e dal sistema informatico del Paese, persero il diritto al lavoro, all’assistenza sanitaria, spesso anche all’alloggio, all’esistenza insomma. Chi si recava a chiedere informazioni agli uffici anagrafici, si ritrovava con carta d’identità o passaporto annullati, sforacchiati sotto i loro occhi dall’impiegato di turno. Una vera e propria pulizia etnica senza apparente spargimento di sangue. La vicenda è stata così sintetizzata da Gigi Riva: “Storia esemplare che è la sintesi dei nostri tempi tristi e xenofobi. E ci spiega quale mostro sia la burocrazia quando si mette al servizio dell’etnocentrismo. Fino ad arrivare alla pulizia etnica della carta d’identità.”

Come giustamente commenta Miha Mazzini, il Ministro che si è risentito vedendo il film in televisione, non si è scandalizzato per la “cancellazione” del 1992 e le tragedie da essa provocate, ma per il fatto che sia stato scritto un libro su di essa, che se ne sia fatta una riduzione cinematografica e che il relativo film sia stato mostrato addirittura alla televisione pubblica.

La paura dell’Altro, che sia il cefur bosniaco, croato, montenegrino, serbo, l’immigrato insomma dalle Repubbliche del sud della ex Jugoslavia da “cancellare” per decreto dal mondo dei diritti civili, da insultareal grido di “Raus, via, fuori di qui, feccia del sud!” oppure il migrante siriano, libico, cinese o messicano cui opporre muraglie o filo spinato e militari armati al confine, torna in ebollizione con il virus dei pipistrelli, il virus “cinese” arrivato da Wuhan.

L’odio e il sospetto per il cinese del “Regalo di Natale”, colui che invade il tuo territorio e in un modo o nell’altro ti ruba il lavoro, si sovrappongono alla fobia del pericolo venuto da lontano (ma la Cina è vicina, ora come allora), del morbo letale e mai visto prima che trasforma ogni cinese in un potenziale untore.

De te fabula narratur, l’ossessione è in noi, è con essa che vanno fatti i conti.

Il progressivo svilimento del ruolo dei Parlamenti e dei meccanismi elettorali, il conseguente affievolirsi dell’influenza e del controllo sui poteri dello Stato da parte dei cittadini e lo sfaldarsi dell’organizzazione democratica rappresentativa del tessuto sociale, la crisi climatica, il degrado dell’ambiente, la tuttora incombente minaccia nucleare, guerre civili in tutto il mondo: oltre a tutto ciò e a braccetto con il covid19 ci minaccia da vicino il virus delle chiusure nazionalistiche, dei muri lungo i confini, delle politiche illiberali nei confronti delle migrazioni dei popoli poveri disciplinate in maniera schiavistica e a fini di sfruttamento, il virus del razzismo e del sovranismo propagandati da sistemi politico-economici tendenzialmente sempre più autoritari e al tempo stesso fallimentari, che non sono stati in grado di proteggere i propri cittadini neppure dalla pandemia covid19.

Se è vero, come è vero, e come osserva Giovanna Lopresti in un suo illuminante pezzo (Libri contagiosi, in “Volere la luna”, 18.11.2020), che i libri che val la pena di leggere “hanno la caratteristica di essere dotati di un forte potere di suggestione – e intendiamo “suggestione” nei due sensi correnti e cioè come capacità di influenzare emozionando e come potenzialità di suggerire itinerari da percorrere, vie di pensiero da praticare” , allora anche questo Racconto di Natale possiede questo potere, crea con la narrazione atmosfere e stati d’animo che coinvolgono e appassionano il lettore e al tempo stesso analizza, indica e suggerisce.

Le vere impronte migranti sono quelle dei piedi”, scrisse Armando Gnisci ai tempi della famigerata Bossi-Fini che aveva introdotto l’obbligo di rilevamento e registrazione delle impronte digitali degli immigrati al momento del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno.

Alla conclusione di Regalo di Natale, le impronte in partenza, come all’inizio quelle in arrivo, vengono presto cancellate dalla neve che cade senza sosta. Il fantomatico ospite scompare e si dissolve nell’atto di amore del ragazzino del racconto, nell’individuazione della via che porta a un possibile riscatto del padre.

Patrizia Raveggi

Miha Mazzini – “Regalo di Natale”