Tutta la vita in un giorno

Tutta la vita in un giorno

Tutta la vita in un giorno, un bianco e nero avvolgente, inquietante. Tutta la vita in un giorno. Il popolo che sfila e le bandiere. Serrande abbassate, sosta vietata in centro, camionette di polizia come se si dovesse contrastare un tentativo di golpe. E invece tutto scorre tranquillo, il solo incidente qualche fischio a un sindaco che parla. Poco male, pure questa è democrazia, credo. Tutta la vita in un giorno. E negli scatti di Riccardo, nel suo obiettivo che cattura uomini e donne con i cartelli in mano, nei passi lenti degli operai, negli slogan dei ragazzi, nei sogni di chi non vuol perdere i sogni. Spiragli di vita tra poliziotti in armi, qui si canta e si grida, andiamo a manifestar per verba, dice il poeta, a trasumanar il senso d’una vita che non è più la stessa ormai da tempo, a organizzar ciò che vorremmo fare di quel che resta del tempo a noi concesso. Musi aggressivi di automezzi armati sbucano da angoli storici della città di mare che difende il suo mare, i suoi vicoli, il senso d’appartenenza a un luogo violentato dalla storia che ha dato fin troppo sangue a questa patria ingrata. Piazza Bovio affacciata in canale e il diritto alla salute, uomini che affiggono pannelli con le foto in bianco e nero mentre il fotografo scatta poesia, catturando lacrime e sorrisi. Tamburi e polizia in assetto anti sommossa, negozi sbarrati, divieti di accesso, megafoni che chiamano a raccolta, paura che tutto questo divenga realtà, che si debba piangere per nuove stragi di Stato, per altri sogni interrotti. Il Rivellino osserva, Il Torrione controlla, i manifesti cadono, le bandiere rosse ci portano indietro nel tempo. Che cosa posso farci? Vedere una bandiera rossa mi fa bene al cuore, almeno quanto fa venire travasi di bile al sindaco Ferrari che parla di manifestazione ideologica. Sono la nostra storia, il nostro passato, i nostri sogni, i padri che lottano in Magona, i licenziamenti e le serrate, gli scioperi, il Sessantotto, il Settantacinque, la contestazione agli USA per la guerra in Vietnam. Adesso ci sono ancora loro, gli americani, come un tempo, protagonisti di un’invasione economica, una nave ancorata in porto, i rischi da subire, le decisioni calate dall’alto, senza ascoltare. Piombino non si rassegna, lotta, grida, s’accalora, vorrebbe cambiare le cose ma sa bene che non glielo lasceranno fare. Tutta la vita in un giorno. E Riccardo cattura quel giorno, in bianco e nero, con un magico obiettivo che dipinge volti di ragazzi e ragazze, di uomini e donne, trascolorati in grigio lungo strade antiche percosse dal vento di ponente. (Gordiano Lupi, 15 marzo 2023)

Fotoreportage di una manifestazione (sabato 11 marzo 2023)

Con quelli non si discute, comandano loro e basta. Con quelli i più deboli trattano, si accontentano di favori. Vanno sempre a chiedere qualcosa in cambio e si accontentano di poco, di eterne promesse che poi sono sempre quelle. Loro, invece, promettono lavoro e soldi, in realtà sono le briciole del loro grande giro di affari e beati gli stolti che ogni volta ci credono. Il loro giro di affari talvolta è illegale (perché con le leggi che ci sono certe cose non potrebbero farle) ma viene reso legale da Istituzioni complici (anzi, istituzioni con la minuscola, la maiuscola anche se ci vorrebbe non se la meritano). Creano emergenze e poi le governano con politicanti complici, fanno grandi affari sulle emergenze e poi il prezzo da pagare è tutto per le comunità della gente perbene. Non sparano, perché non hanno bisogno di sparare. Ma alla bisogna c’è sempre la militarizzazione strisciante del territorio, l’ostentazione del potere attraverso mezzi stradali e navali bene in vista.

Comandano loro e non puoi farci niente, perché anche se vai a votare (e ormai ci vanno sempre meno persone) poi alla fine quelli che comandano da fuori usano gli uni e gli altri, quelli che c’erano prima e quelli che sono arrivati dopo. Il potere ormai è sopra i governi, ormai non hanno quasi più bisogno di chiedere.

Lo so che avete capito ben altro, ma io sto parlando solo di un barcone che attraccherà stanotte, di qualcosa che è ancora peggio del crimine, perché è chi ci dovrebbe proteggere che ci espone al rischio. Sto parlando di un barcone della morte civile e dei diritti, si chiama Golar Tundra e si fermerà a lungo a Piombino per produrre gas e pericoli devastanti.

Lo so che avete capito ben altro. E non è per caso che a questo testo accompagno anche la foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, perché io di fronte a tutto questo mi sento preso in giro, umiliato da uno Stato che mi dovrebbe proteggere e invece mi sta mettendo nelle mani dei peggiori trafficanti di “affari loro”. E non riesco neanche a capire se sono più incazzato o deluso, perché di fronte a tutto questo ci sono quelli che applaudono, che non capiscono o fanno finta di non capire, che si fanno guidare da coscienze malate con la penna sporca che dipingono un’emergenza che non c’è. Che applaudono un sindaco sceriffo che fa una sceneggiata per due schizzi di vernice lavabile, guardando il dito e non l’enorme Luna piena di emergenze vere (quelle climatiche) che stiamo ignorando per permettere ai soliti pochi noti di fare affari con le ultime risorse fossili che ci manderanno a fondo. Che non esitano a piazzare un rigassificatore, raccontando – grazie a tante penne complici – che quel gas serve per i nostri termosifoni quando invece al massimo servirà per fare affari vendendolo all’estero. Che non esitano a prometterci due lire sulle bollette ben sapendo che poi non lo faranno. E poi che saranno mai quelle due lire di fronte a quei pericoli che una comunità sarà costretta ad affrontare.

Quel barcone è illegale, perché con le leggi che abbiamo non sarebbe mai potuto arrivare. Eppure lo hanno reso legale con leggi truffaldine che hanno spazzato vie quelle che avrebbero impedito questo scempio.

L’ultima immagine, quella delle navi militari che scortano il barcone di una società privata, in acque nazionali dove non può accadere niente non è altro che qualcosa che richiama alla passeggiata a braccetto del potente per le vie di certe città meridionali dove valgono “certe” regole.

E stanotte saranno lì a far festa intorno a quel totem che altro non rappresenta che un inchino, un pizzino. E quello che manderanno in scena non sarà altro che un balletto vomitevole e vergognoso.

Spero tanto che non accada mai niente, ma nel caso non si potrà parlare di incidente. Ci saranno sempre mandanti morali, per danni o vittime. Vittime che dovremo definire assassinate. Scegliete voi per mano di chi.

Stefano Tamburini