Alessandro Zetti - Una vigilia

Alessandro Zetti – Una vigilia

Una vigilia

I primi segnali dell’autunno, quelli che si leggono sulle foglie dei platani quando iniziano ad apparire piccole e impercettibili macchie gialle, se ne erano già andati da un pezzo.

Marco bevve un altro sorso, giusto per valutare se stesso. Quel sorso era molto più vicino a quello che si aspettava dopo il primo. Era simile all’abbraccio di una vecchia fiamma. Con quella vecchia fiamma però non voleva di certo finirci a letto. Voleva solo ammettere con se stesso che sarebbe riuscito a resistere a quella specifica passione, un giorno di più.

Prese la bottiglia e se la appoggiò alla labbra, come in un bacio d’addio. Aprì lo sportello dell’auto e la vuotò sul marciapiede, fortificato da una nuova determinazione.

Alice era in salotto che giocava con Bianca. Stavano pettinando la Barbie. Alice è incinta di otto mesi ma sembra al secondo, terzo mese al massimo. Guardandola di spalle non sembrerebbe nemmeno stia aspettando il loro secondo figlio.

Bianca alzò la bambola verso Marco, facendola dondolare da un lato all’altro ondeggiandone i capelli lisci e lucenti.

-Barbie, ecco Ken!

-Lui non è Ken-, disse Alice

-Lo so che è papà. Ma il Ken non me lo hai comprato e Barbie si sente così sola

Marco pensava che Alice stesse insegnando alla figlia la parte della bionda svampita con troppa sistematica regolarità. Ultimamente le cose sembravano sempre in continua mutazione. Non era più sicuro di quello che voleva. Da quando Alice era rimasta nuovamente incinta, le cose erano diventate terribilmente difficili.

-A tavola. I tordelli sono pronti

La suocera di Marco, era una di quelle persone convinte che solo pochissime cose, non si potessero rimediare seduti a tavola davanti a una bella abbuffata. Alice e Bianca si alzarono per mettersi a tavola. La somiglianza tra le due erta inquietante ed eccitante. Sembravano plasmate dalla medesima bellezza. Il fascino che emanavano fuoriusciva dal silenzio di quell’intimità che tra loro, sarebbe durato una vita. Marco si era sempre sentito escluso da quell’intimità.

Uno spiraglio di luce filtrò tra le tende andando a infilarsi tra i visi delle due, come in una sorta di separazione divina.

-Sono contento che tu sia qui. È bello che Bianca abbia la sua famiglia vicina in questi momenti.

Marco si sentì a disagio. Credeva di non essere più in grado di mantenersi ai livelli di vita familiare che Alice aveva stabilito per le persone che amava, e di cui si voleva circondare. Poco dopo il suo arrivo, si era sentito chiedere dal suocero che cosa contava di fare, adesso che tra poco sarebbe uscito dalla clinica e con Alice così vicina al parto. Sul volto l’espressione rancorosa di chi si sente truffato dalla sorte. Marco aveva sempre pensato che Guido non lo avesse mai accettato, e che per la figlia aspirasse a qualcosa di meglio.

Adesso lui non era più sicuro, se il suo talento per gli affari sarebbe riuscito a fargli riguadagnare la fiducia e la gratitudine di quella famiglia. O forse a guadagnarle per la prima volta. Da diverso tempo avvertiva un senso di impotenza di fronte alle crescenti necessità di Alice, e ogni volta che lei lo guardava negli occhi, sentiva aumentare la pressione di quella domanda che sembrava trapelare dai suoi occhi in ogni momento “Ne sei uscito? Uscito veramente?”

In fondo Marco pensava che al mondo, sono poche le persone abbastanza forti da sopportare il peso delle proprie responsabilità, da sole. Lui non vi era riuscito. Non era stato abbastanza forte per farlo. Da allora, si è sempre domandato come appariva agli occhi di Alice.

Sulla strada Marco verso casa si era fermato a un’enoteca. Nel parcheggio c’erano poche macchine nonostante si fosse alla vigilia. All’interno un ragazzino sui venti, ventidue anni con un cappotto a rombi verde bottiglia e fucsia, pantaloni a metà tibia e mocassini color crema senza calzini, stava contrattando sul prezzo per l’acquisto di cinque bottiglie di champagne millesimato. Il proprietario lo guardava con un’espressione dubbiosa, ma quando il ragazzino estrasse una carta Db Platinum, l’espressione sul volto dell’uomo si allentò in un mellifluo sorriso.

-Vada per i 2500- disse provvedendo personalmente, a confezionare con cura le cinque bottiglie in una cassetta di legno col marchio dello champagne impresso a fuoco.

Marco fece un cenno di saluto all’altro commesso del negozio, che lo salutò distrattamente, e chiese una bottiglia di Grey Goose Vx da un litro.

Nuovamente nel parcheggio, e con la sua bottiglia sotto il braccio, vide che il ragazzino stava caricando lo champagne nel bagagliaio. Scrutò Marco per un attimo, poi fece il giro della macchina, aprì lo sportello, montò in macchina, accese il motore e partì sgommando. -È giovane-, pensò lui.

Quando era entrato in casa sua suocera e Alice erano in cucina davanti al televisore. Chiacchieravano fra di loro senza sembrare interessate al programma in onda, anche se ogni tanto una di loro se ne usciva con un commento pertinente all’azione sullo schermo. Marco aveva avuto la sensazione che quella conversazione all’apparenza intima e casuale, fosse un rituale sacro che lui aveva interrotto per molti anni, sposando Alice, e che la sua assenza aveva ripristinato.

Sonia, continuava a ripetere di essere al settimo cielo per il fatto di avere nuovamente riunita tutta la famiglia, anche se sul volto traspariva la consapevolezza che il ritorno del genero avrebbe potuto presto porre fine a quei ritrovati momenti.

-Vero che sei una bella bambina?-, disse Sonia rivolgendosi a Bianca.

-Sono la bambina più bella del mondo-, rispose quest’ultima.

Alle dieci di sera Alice annunciò che era stanca.

-Vado a mettermi un po’ sul letto

-Aspetta che ti do una mano- disse Sonia

-Non occorre

-Ma come, mamma, non aspetti Babbo Natale?-

-Certo tesoro. C’è ancora tempo

Dopo aver dato a tutti un bacio sulla guancia si diresse verso la camera da letto. Marco si scusò e la raggiunse poco dopo.

Sul letto Alice si era tolta il maglione e si era aperta la camicia. Si stava lisciando il ventre gonfio e lucido, e di tanto in tanto si fermava tenendo le mani una sopra e una sotto la pancia. Alcune smagliature le attraversavano trasversalmente il ventre appena sopra l’ombelico, che era adesso leggermente pronunciato. Marco si coricò di fianco a lei.

-Non sei obbligato a stare qua con me

-Non mi stupirebbe venire a sapere che in una vita precedente, tu eri una strega che è stata arsa sul rogo

-Nemmeno io mi stupirei di sapere che potresti essere stato proprio tu a mandarmici

-Io sono qua per noi- disse Marco prendendola fra le braccia.

Prima che il viso di Alice sparisse nel suo petto, Marco notò che lei stava guardando oltre la sua persona, oltre la sua mente, in una dimensione profondamente radicata dentro di se. Marco non capiva, se la tristezza che traspariva dai suoi occhi e dalla piega della sua bocca dipendesse da lui.

-Non preoccuparti. Ci sono qua io e tra poco avremo un’altra splendida bambina-

Forse lo disse perché si era comprato quella bottiglia e ne aveva bevuto due sorsate, o forse perché lei non credeva più in lui e temeva che lei avesse ragione. Sdraiato accanto a lei, riusciva a fatica a descrivere il sapore di quell’amore perduto, ma guardandola con quella grazia così disinvolta, con quel ventre esibito così carico di sensuale ed eccitante sfrontatezza, immaginò se stesso come un fulgore di vita, che brillava nel buio di questi ultimi anni, prima di tutti i problemi che erano.

-Mamma, papà, è mezzanotte! Arriva Babbo Natale!

Alessandro Zetti