Mario Bonanno - Settanta e non sentirli  Tex Willer in mostra a Milano

Mario Bonanno – Settanta e non sentirli Tex Willer in mostra a Milano

Io rappresento un quartetto di pistole che potrebbero trasformare questa bettola in un cimitero!”

Potrei essere tentato di levarti lo scalpo a calci per usarlo poi come spazzola per stivali.”

I cimiteri sono pieni di gente che si credeva furba”.

Gettate le armi o, tempo di scaricare il mio winchester, e inizierò a scavare le vostre fosse, parola di Tex Willer!”

Leggevamo cose così, siamo venuti su dicotomici. Leggevamo Marx e leggevamo Tex. Inutile specificare quale dei due per dovere e quale per piacere. La Cina – si diceva in giro – era sempre più vicina, ma per quanto ci riguardava, il West lo era di più. Ci importava un fico secco della fama di destrorso che Tex Willer si portava appresso. Gli anni Settanta sono stati gli anni della piena maturitàdel ranger in camicia gialla e pistola fumante (anzi “cantante”): non volevamo sentire storie che non fossero le sue, e non ne mancavamo un’uscita che fosse una. In parole povere: siamo diventati grandi assecondando i fumetti e il mito di Tex Willer. La storia insegna che non eravamo scemi: settant’anni dal primo numero, il settembre di quest’anno. E una mostra che li celebra in forma immaginifica, a Milano. Si intitola “Tex 70 anni di un mito” ed è ospitata fino al 27 gennaio dal museo Permanente. Al suo interno si trova quello che i texiani di prima, seconda e terza generazioni confida(va)no di trovarci: la cronistoria, la storia e la leggenda. Le prime tavole come le mirabilia. E la policromia accesa delle copertine (tra Tex giganti, Texoni, e i primi albumini formato striscia). Cose così a bizzeffe, e Tex Willer se le merita tutte. Se le è guadagnate sul campo in quanto meta-fumetto, e dunque puro eposaggiornato al racconto di frontiera, porto canale da cui transita l’avventura. Tex sono Salgari e Dumas traslati tra le lande di un Far West-paradigma. Tex è l’eroe senza superpoteri, divenuto spauracchio dei brutti ceffi di ogni dove, a via di cazzotti e pistolettate, ingollando polvere di canyon e dosi massicce di whisky sturabudella (“Dopo avere ingoiato la povere di mezza Arizona, una buona sciacquata di gola è la benvenuta“, dixit). Tex sono le distese americane e i grandi sogni che vi passano attraverso. Tex è un fumetto in progress, che trasversalmente al repertorio classico di cavalli, fuorilegge, vendette, rancheros, taglie, capestri, indiani, villaggi tra canyon e deserti, ha dettato al mondo i topoi del western disegnato. Il suo appeal è più che mai una questione catartica. Topico esempio di eroe positivo, in obbedienza a un senso di giustizia quasi dogmatico, Tex è disposto a correre qualunque rischio, compreso quello di restarci secco pur di mettere le cose al posto. E farlo secco è peraltro il sogno proibito dei tanti nemici che si è fatto in giro. Come ebbe a dire il suo primo deus ex machinaGian Luigi Bonelli: “Quando vede un torto, il povero cristo che soffre ingiustamente, lui si ribella e prende le sue parti. Che poi sia negro, che sia bianco, che sia indiano, che sia un contadino, che sia una persona colta, non gliene frega niente”. E a questo punto ci starebbero gli applausi, ragazze e ragazzi, e un bel ripasso della sua collezione completa per capire che non sono parole dette così tanto per dire. Ritornando ai “70 anni di un mito” al museo Permanente, diciamo che declina per contesti e immagini l’intera fenomenologia texiana, e non se ne parli più. Ci sono dentro l’epos di Tex Willer. La psicologia di Tex Willer. Gli ambiti di Tex Willer. In altre parole, come scriverebbero gli americani, inside Tex Willer. L’eroe del fumetto italiano per antonomasia. Il ranger dal pugno facile (sock!). Il difensore degli altrimenti indifesi. L’uomo che sussurrava al cavallo (al suo primo cavallo: si chiamava Dinamite). L’uomo tutto d’un pezzo. L’amico degli indiani buoni. Aquila della notte. Un cowboy nell’Italia del dopoguerra. Tex è quel che si definisce un topos. Poche ciance e modi spiccioli compresi: si spiega anche in questo modo che il suo mito sia arrivato al galoppo ai nostri giorni.

Mario Bonanno

Mario Bonanno scrive libri sui cantautori italiani. Suoi articoli sono apparsi, fra l’altro, sui settimanali “Anna”, “left”, “Duel”, “Diario” “La lettura”, e sui quotidiani “Terra” e “Il manifesto”. Collabora alla pagina culturale de “La Sicilia” e ai webmagazine “Sololibri.net” e “Mescalina.it”.

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