Michele Gonnella - Per un pugno di fieno

Michele Gonnella – Per un pugno di fieno

Tuono, vento e pioggia.

Brandr non aveva mai visto tanta merda in un giorno solo.

Gli Jotun erano piombati su Midgard proprio dopo il tramonto e, in preda alla furia, avevano cominciato il massacro. Quest’anno si erano organizzati bene, i bastardi. Grandi e grossi com’erano, nei precedenti assedi avevano sempre avuto problemi col terreno scosceso del monte e con la sua folta vegetazione, nido di incursori che combattevano in un’imboscata perenne… Ma quest’anno no. Le fiamme, nonostante le basse temperature e la tempesta da guerra in cielo, ardevano di magia runica, mangiando alberi e terra, animali e combattenti della roccaforte. Ben presto, da guerra di boscaglia si combatteva in campo aperto, coi giganti a valle e i guerrieri a monte. Il bombardamento di frecce, macigni e sterco aveva esaurito ogni sorta di munizione nel giro di poche ore.

Thor stesso, oltre la coltre di nubi nere, non pareva cavarsela tanto meglio. Al dio del tuono piaceva sempre combattere in grande stile, i suoi colpi scuotevano persino la terra, e piogge di saette bombardavano tanto i nemici in cielo quanto quelli a terra in una luminaria la cui luce rivaleggiava con quella del sole. Eppure, persino l’inesauribile signore delle tempeste iniziava a perdere colpi, e lo scroscio di fulmini rossi si era ridotto in modo preoccupante, segno che persino il suo vigore aveva trovato un degno rivale.

Il condottiero, sulla torre più alta, osservava la scena a braccia conserte. Che pesci pigliare? Era in momenti come quello che si chiedeva cosa avrebbe fatto suo padre, il precedente regnante in loco. Ma la battaglia incalzava, e non c’era tempo per le seghe mentali. Brandr sospirò e, fissando i giganti che incedevano lungo il pendio, impugnò la sua ascia.

Se avessero penetrato le mura, tutti sarebbero morti. Ma come ogni anno ci sarebbe stato un segno di Odino e, fino a quel momento, lui e i suoi uomini dovevano tenere duro.

Berserkr.

Tutti i guerrieri più valenti della rocca erano schierati nella piazzaforte. Di fronte a loro, con il portone alle spalle, c’era Brandr. Il torso nudo, l’ascia in mano, mille cicatrici ad avvalorare le sue parole «Sono anni che combattiamo questa battaglia, pur sapendo che è solo un semplice allenamento» alzò gli occhi al cielo, la neve cadeva su di lui «Ogni colpo, ogni conflitto, ci prepara in vero alla più grande delle battaglie, il Ragnarok»

Si prese una pausa scenica ed inspirò per poi ghignare soddisfatto «Non importa quante battaglie dovremo combattere se avremo sempre chiara in mente la vera ragione per cui lo facciamo» alzò l’ascia «Anche oggi mostreremo il nostro valore»
I guerrieri iniziavano ad entusiasmarsi, e con un ruggito lo incitarono a continuare.
«Anche oggi combatteremo con tutte le nostre forze per Asgard!»

Ruggirono.

«E se cadremo, verremo accolti nel Valhalla, la sala degli eroi, dove godremo di eterne libagioni e battaglie»

I suoi uomini iniziarono a pestare armi e piedi a terra ritmicamente.

«Ci prepareremo al Ragnarok coi nostri antenati e in attesa dei nostri figli!»

Gli animi erano caldi come il ferro arroventato, l’euforia iniziava a tramutarsi in furia e la neve del cielo, non osando toccare i guerrieri sacri, si scioglieva ancor prima di toccare la loro pelle.

«Ricordate che non combattiamo per ciò che avverrà stanotte, ma per quel che un giorno sarà eterno, temprato nel nostro sangue e sempiterno nella vita come nella morte!»

Brandr si volse verso il portone, un gruppo di uomini stava già aprendo. Fu il primo a uscire in corsa verso il nemico, con alle sue spalle i berserkr «Verso la morte per la vita eterna, per gli antenati e per i figli!»

In vita e in morte.

I berserkr correvano animati da una rabbia crescente. Ormai privi di pensieri o sensazioni, erano divenuti solo macchine da omicidio che probabilmente non avrebbero visto l’alba del giorno seguente. Tanti guerrieri contro un nemico troppo forte e numeroso, ma non solo le dimensioni contano.

L’eccessiva sicumera dei giganti costò loro cara, poiché ogni colpo avventato aveva permesso agli uomini di attaccare calcagni e polpacci, poi ginocchia, ventre, petto e infine testa. I piccoli bastardi colpivano in basso, abbattendo i mostri come alberi. Questo generò un panico improvviso tra gli Jotun, che presero a concentrarsi sullo scacciare i parassiti armati d’acciaio, colpendosi tra loro.

Solo il loro capo, più lucido, agiva con fermezza, afferrando e scagliando via gli insetti. L’ultimo che tirò per terra era proprio Brandr. Il gigante lo riconobbe grazie ai tatuaggi sul volto e, con gusto, si preparo a schiacciarlo col suo martello. Intanto, nel corpo di Brandr, l’adrenalina defluiva «È qui che finisce la mia guerra?» si chiese, mentre il tempo scorreva più lento e denso intorno a lui. Quel flusso prese la consistenza della carezza di una donna. Non la vide ma la percepì meravigliosa, bionda, dagli occhi di ghiaccio.

«No, Brandr, non con la tua morte» fu la sua voce occultata nel respiro del vento.

Per un pugno di fieno.

Con i giganti tenuti a bada dai berserkr risorti nella furia benedetta, Odino il viandante poté finalmente fare ciò per cui era venuto, lasciando il resto alle valchirie.

Seguì il calore del braciere più vicino e, entrando dal caminetto, si materializzò di fronte a esso. I campanelli, iconici di mendicanti e viandanti che chiedevano elemosine, tintinnarono. Come sempre, trovò ad attenderlo un bicchiere di sidro e un paio di biscotti. Alle sue spalle, sulla mensola del camino, vide gli stivali con il fieno per il suo cavallo “Prima il dovere” pensò, aprendo la sua sacca e iniziando a raccogliere la biada. Fece per prendere l’ultima fascina, ma la trovò in mano al suo figliastro «Buonasera, Padre»
«Loki» rispose Odino, alzando le sopracciglia «Pensavo tu fossi a valle, dai tuoi amici»
«Non capisco a cosa ti riferisca» abbozzò un sorrisetto da canaglia.
«Eppure, qualcuno deve aver dato la magia del fuoco runico a quei trogloditi» puntò l’occhio nell’anima del figlio.
L’ingannatore sospirò «Padre, ogni anno questa solfa per nutrire il tuo cavallo, mendicare agli umani del fieno quando ad Asgard non manca nulla! Godi forse nel vedere gli uomini che si sacrificano ogni santo venticinque di dicembre per…» guardò la fascina che aveva in mano «Per un pugno di fieno, mentre i giganti ti danno la caccia?»
Odino scosse il capo «Tu non capisci Loki. Io ho visto ciò che è, che è stato e che sarà, e non potrai mai comprendere i miei piani, non senza un sacrificio» disse indicandosi l’orbita vuota.

L’ingannatore fece per rispondere, ma fu distratto da un rumore «Ne parleremo, padre» dichiarò prima di svanire.
Odino invece si volse verso quello che pareva essere un bambino nascosto. Il pargolo, sentendosi scoperto fece per aprire bocca, ma anche il vecchio viandante svanì di fronte a lui con un sorriso e un tintinnio.

Al suo posto fluttuava una spada splendente, di superba foggia. Il bimbo vi si avvicinò con timore e, quando si decise a provare a prenderla, il fuoco gli bisbigliò «Per te, figlio di Brandr, e per tuo padre che stanotte cenerà con me nella sala degli eroi. Il vostro amore è apprezzato e sarà ricambiato»

Una lacrima gli rigò il volto.

Michele Gonnella