Nadia Nad Cortese - Finalmente Natale

Nadia Nad Cortese – Finalmente Natale

FINALMENTE NATALE

L’atmosfera natalizia mi ha sempre regalato inquietudine. L’affanno isterico dei preparativi, l’obbligo dal sapore vagamente ipocrita di provare felicità assoluta, la presenza di parenti sconosciuti dall’appetito insalubre e quell’idiota di Babbo Natale la cui grassa risata mi ha terrorizzata fin da piccola. Odiavo l’idea che uno sconosciuto s’intrufolasse di notte nella mia camera. I miei fratelli lasciavano latte e biscotti per ingraziarsi quell’energumeno bitorzoluto, speranzosi di ricevere ciarpame inutile da esibire con gli amici. Io rubavo le frattaglie che mia madre estraeva dall’addome rigonfio del tacchino sacrificale e le lasciavo ai piedi del letto con un biglietto scritto col sangue ” Vattene insulso”. Non mi ha mai lasciato nulla, ma portava via sempre con sé le delizie che io gli offrivo con tanto odio.

Con l’arrivo dell’adolescenza presi la decisione di non presenziare più ai ricchi e burrosi pranzi natalizi, pieni di salse dolciastre e intingoli dalla digestione impossibile. Non mi mancavano gli sguardi inquisitori delle zie zitelle di mia madre che, pungenti, mi osservavano come fossi uno scherzo della natura e neppure i risucchi rumorosi dell’immortale prozio Stuart, fastidioso anche quando respirava. Alla fine nemmeno i miei genitori mi vollero più intorno, stanchi del mio umore crepuscolare e dei miei tentativi grotteschi di gioire per quelle riunioni mangerecce. Una volta nascosi il mio gatto, Edgar un persiano nero, sotto la campana degli arrosti. Fu esilarante vedere mio fratello vomitare e la nonna svenire tra le urla e il disgusto generale. Uno dei Natali migliori, devo ammetterlo!

L’età adulta non ha cambiato le cose, anzi una curiosa coincidenza ha iniziato ad assumere quasi un valore simile alla tradizione: lasciare il fidanzato di turno a ridosso del Natale.

“Perché Sam? Hai detto di amarmi! Non puoi lasciarmi ora, sotto le feste! Siamo invitati da mia madre!” Così aveva sbraitato Kevin, l’ultimo della serie, preoccupato per l’etichetta festiva, senza sapere che per me oramai era la regola sabotare il Natale, come i rapporti d’amore del resto.

Una grigia mattina d’autunno, la svolta. Vidi il Conte in tutto il suo fascino davanti alla piccola e vecchia libreria “Racconti oscuri”, un rifugio accogliente per la narrativa dal sapore gotico. Nascosto tra i vicoli silenziosi della parte antica della città, questo angusto angolo di paradiso era la mia meta preferita ogni qualvolta sentissi di non poterne più del genere umano.

“Una donna che legge è una donna maledettamente sensuale.”

Una voce quasi baritonale mi raggiunse improvvisa e mi costrinse a staccare lo sguardo dal libro che avevo appena acquistato.

“Teoria molto interessante, per cui l’avvenenza non gioca alcun ruolo?” Risposi senza pensare troppo.

” L’avvenenza è il riflesso di una mente brillante e una mente brillante trae linfa dal sapere.”

Un gioco di sguardi e una sinergia esplose come una supernova. Il Conte era un uomo tenebroso, avvolto da un’aura sinistra che mi sconvolgeva letteralmente. Col tempo questo schiaffo dei sensi si tramutò in un interesse vivo e pulsante; due profondi occhi scuri, le labbra carnose e i canini ben affilati! Quando il Natale arrivò con il suo abbondante carico glicemico, ruppi la tradizione e neppure pensai a come liberarmi di lui, nonostante non sapessi molto della sua vita.

” Sam, cosa farai il giorno di Natale?” Senza preavviso mi spiazzò.

” Io ed Edgar solitamente dormiamo.” Una fragorosa risata lo investì fulmineo.

” Allora suppongo che se io ti invitassi al mio castello per il pranzo natalizio…”

” Beh io…potrei fare un’eccezione!” Le parole uscirono senza comando.

La mattina di natale ero nervosissima, cosa mi aspettava in quel castello? Avrei trovato donne indaffarate a scuoiare animali e a condire patate? Parenti curiosi e assillanti? Oppure avrei trovato un ambiente raffinato e sopra le righe? La paura mi abbracciò e mi rimase accanto, fino all’ antro dell’uomo misterioso.

La cosa che mi stupì immediatamente entrando nel covo del Conte fu il profumo dei millenni, una fragranza possente e decisa. Mille vite e non vite dovevano aver respirato quell’essenza che non era stata inquinata da alcun odore natalizio. A casa mia già all’alba si sentivano sfrigolare carni grasse e unte, lì, circondata da suppellettili antiche e paurose, alcun segno di cibo si era manifestato.

Mi fece strada un maggiordomo alquanto bizzarro. Non era la gobba e neppure l’enorme bozzo sulla testa; mi aveva colpito quel suo sguardo feroce capace di far salire i valori della pressione sanguigna. Il suo borbottio continuo era quasi ipnotico e mentre un lungo corridoio umido e all’impatto infinito ci attendeva, raccolse dal muro in pietra una salamandra e senza complimenti le staccò la testa con un morso secco.

“Vuole favorire?” Mi mostrò il corpo gocciolante del rettile decapitato.

“No grazie, non vorrei rovinarmi l’appetito.” Risposi timidamente.

Mi guardò indispettito e poi proseguì il cammino.

” Mi segua, gli altri ospiti son già comodi.”

Erano tutti lì seduti attorno a un tavolo lungo e intagliato sul quale trionfavano candelabri, ceri e oggetti indefiniti. Nessuno fece caso al mio arrivo, solo il tizio le cui mani eran delle cesoie affilate mi sorrise malizioso, “Spero di vederti in un sogno dolcezza”. L’ambiente decadente mi fece sentire subito a casa; un Babbo Natale appeso a un cappio sventolava come fosse uno stendardo dal soffitto ricco di drappeggi color porpora e dimora di un paio di corvi inquieti. Un cipresso al centro della stanza era stato addobbato con sfere simili a bulbi oculari…il repentino movimento delle pupille centrali mi convinse in seguito che fossero davvero occhi! Era tutto mostruosamente eccitante!

La tavola era coperta da una tovaglia nera e una serie di piatti coperti da campane in argento stavano stuzzicando l’appetito dei commensali.

” Sento un odore di morte delizioso!” “Non mangio da secoli e soprattutto non bevo da millenni.” “Potrei uccidere qualcuno dalla fame, dov’è il Conte?”

“Eccomi amici miei, scusate il ritardo” Il mio Conte si presentò in tutta la sua eleganza. “Sam mia cara benvenuta alla nostra tavola.” Ci scambiammo uno sguardo caldo e infuocato.

Il tizio deturpato da cicatrici e affetto da un vistoso gigantismo si avventò sulle portate. Un misto di carni crude galleggiavano in un liquame nauseabondo, non sapevo se ne fossi disgustata o incuriosita. Tutti iniziarono a contendersi quei bocconcini sanguinolenti e una battaglia improbabile coinvolse tutti gli invitati. Con vorace affanno spingevano il cibo nelle fameliche fauci dalle quali letteralmente pioveva saliva mista a quel liquido dalle sfumature corvine. Una delle invitate mi allungò un pezzo di quella loro leccornia “Mangia mia cara.” Tutti si fermarono all’unisono e aspettarono che trangugiassi quella porcheria. Lo devo confessare, inizialmente mi stava salendo un conato ma poi un piacere quasi orgasmico mi travolse. Quando il maggiordomo portò la pietanza principale ormai ero bendisposta ad assaggiare qualunque cosa fosse. Mi ritrovai a divorare una carcassa in decomposizione condita da spezie mai viste prima. Un misto orientaleggiante che deve aver sconvolto la mia razionalità e aperto una sorta di dimensione percettiva mai esplorata. Come sotto un incantesimo mi alzai e invitata dallo sguardo intenso del Conte mi avvicinai a lui.

“Miei preziosi amici, è ora del brindisi natalizio e vi invito a nutrirvi dell’oro rosso che ho preparato per voi!” Il maggiordomo versò nei bicchieri del sangue succulento che tutti gradirono senza lamentele. Il Conte allora mi prese e, augurando Buon natale a tutti, azzannò il mio collo candido e bevve avidamente.

Finalmente il gelo attorno al Natale divenne per me un caldo tepore che ancora oggi sento con passione e amore. Amore per una non vita fuori dagli schemi, amore per ciò che ho trovato tra creature insolite e sì…amore per questo Natale color sangue!

Nadia Nad Cortese