270125 - Alex Roggero

270125 – Alex Roggero

Foto di Riccardo Marchionni

«Figa ancora? Di nuovo? Ancora che mi chiedete ‘sto cazzo di Pin? È la terza volta in due giorni. Vi ho già detto che non lo ho. Ma davvero ora pure per comprare un litro di latte ho bisogno di ‘sta roba? Quindi se non mi faccio il profilo su ‘sta minchia di app mi volete davvero far morire di fame? È questo il piano?»

Il tizio dietro il bancone, il solito Bangladino stravolto dalle 196 ore di lavoro consecutive che ormai più che una persona sembrano averlo reso parte integrante dell’arredamento, mi guarda con la faccia di chi vorrebbe essere in qualsiasi parte del mondo, tranne che lì, in quel negozio, in quel preciso momento, a darmi quella risposta.

«Mi scusa Signò, ma a parta che lei sta comprando du birre e no latte, ma poi io non so cosa sta dicendo, rispetto solo le regole che sono arrivate qui da polizia locale. La prego non faccia pazzone e mi dia suo pin la prego.»

«Fiiiiiiiiiiiga che crumiro. Bravo bravo, dai retta alla polizia allora, fai quello che ti dicono. Che cittadino modello. E quando ti daranno un calcio nel culo e ti faranno tornare alla velocità della luce in Bangladesh come uno straccio sporco perché nemmeno tu vorrai fare la prossima cosa folle che ti chiederanno a chi chiederai aiuto? A Ganesha o Visnù? Hai sentito che parlano di microchip sottopelle e di codici QR tatuati sul polso?»

«La prego Signò, non faccia il pazzone, io non posso vendere birrette senza Pin, lo sa anche lei. Se vuole posso passare lo scanner su iride se non vuole dare Pin. È rapida e indolore.»

«E se invece ti dicessi che lo scanner rapido e indolore potresti passarmelo sul culo, cosa mi risponderesti eh brutto nanetto di merda?! Me lo chiederesti ancora ‘sto cazzo di Pin o ti faresti i cazzi tuoi e faresti finta di niente?».

Il Bangladino sospira, poveraccio. Sta lì con le mani che tremano, lo sguardo basso. «A me spiace Signò che lei sia arrabbiato ma ultima volta Polizia mi ha detto che chiude negozio se no chiedo Pin. Chi non ha App può essere pericoloso. Mi spiace Signò.»

PERICOLOSO.

«Bene, sai cosa? Mi hai rotto il cazzo. Tienitele ‘ste cazzo di birrette, io te le compravo quasi per farti un favore, all’Esselunga le trovo alla metà del prezzo domani mattina. Spero che tu fallisca durante la notte guarda.»

Esco sbattendo la porta, ma lo so, non è colpa sua. Fanculo. È il quinto banlgadino senza riuscire a farmi vendere mezza birra. Hanno preso pure loro. Lo sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Non bastava aver messo l’obbligo di iscrizione all’App per salire sull’autobus, andare in un locale, fare la spesa, entrare in ufficio, prenotare un ristorante, comprare un libro, prenotare un volo, ora lo chiedono pure per comprarsi una cazzo di birretta al Bangla sotto casa.

Stanno cercando di farmi impazzire. Conoscono i miei punti deboli.

Figa sono due anni che ero riuscito a resistere senza ‘sta minchia di App di riconoscimento. E ora dovrei mollare solo per potermi bere una birra? Dai, stocazzo proprio. Che pezzi di merda mamma mia. Colpire così in basso non me lo sarei davvero aspettato nemmeno da vermi come loro. Che cazzo gli cambia se bevo una birra o meno. Devono sapere anche questo?! Non gli basta tutto il resto? E quindi cosa dovrei fare? Iscrivermi volontariamente a quella merda come tutto il resto del mondo? Farmi spiare e controllare come un cazzo di burattino? Uno zombie che cammina e sorride? Che si fa controllare anche il battito cardiaco mentre si prende una birretta? Ma possono davvero leccarmi le palle e continuare a sognare. Che pezzi di merda mamma mia.

Poi le vedo. Quelle luci blu del cazzo. Sento le sirene. Le Sentinelle. Merda. Quel bastardo mi ha segnalato. Lo capisco, probabilmente è disperato tanto quanto me. O forse pure di più. Chissà se gli hanno promesso dei soldi in cambio. Ma quando lo rivedo, se lo rivedo, gli faccio ingoiare lo scanner. Lo giuro.

Corro. Vicoli stretti, luci al neon spente, odore di piscio e umanità a brandelli. Ma non serve a niente. Mi beccano in meno di 10 minuti. Mi ritrovo le manette ai polsi prima ancora di riuscire a capire cosa sta succedendo.

Eccoli lì, due di quei cazzo di robot in divisa che da mesi hanno invaso le nostre città. Gelidi. Spietati.

«La prego, collabori gentilmente cittadino. Ha 10 secondi per fornire il suo Pin o inizieremo le procedure di contenimento. 10… 9… 8…»

Mi scappa un sorriso amaro, “procedure di contenimento”, chiamarle manganellate robotiche sarebbe più onesto.

«7… 6… 5… 4…»

Vorrei scappare, ma scappare per dove?

«3… 2…»

Ormai ovunque andassi per sopravvivere dovrei registrarmi alla loro App. E col cazzo che lo farò. Purtroppo non esiste più un posto dove poter essere libero. Forse il mondo è morto da tempo e io me ne sto rendendo conto solo ora. Faccio un bel respiro e salto addosso a quei due frigoriferi cercando di stenderli entrambi. Mentre prendo lo slancio mi viene da gridare un’unica e sola cosa:

«Fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiga».

Un po’ Niven, un po’ Gadda, un po’ McInerney che si trova al bancone con Pinketts, un po’ tutto questo e anche di più. Roggero c’ha Milano nel sangue e siamo pronti a scommettere che se la città sapesse parlare direbbe lo stesso di lui. Ma sono anni in cui nel sangue circola davvero di tutti e la verità è che siamo tutti infetti, o quasi. Antidoto? Leggere roba come la sua, che depura da contaminazioni nocive da deficienza artificiale. 

Alex Roggero