Alessio Santacroce - Bending - HorizHon

Alessio Santacroce – Bending – HorizHon

Tejat, un viaggio strumentale tra stelle, destino e alterazione sonora.

Il 21 febbraio 2025 è uscito “Tejat”, l’ultima tappa del viaggio cosmico della concept band toscana OrizHon, disponibile sulle principali piattaforme streaming. Il duo livornese composto da Dario “Orso” Orsini (basso) e Matteo Kape (chitarra) conclude con questo album la loro “Trilogia in T”, una saga strumentale che ha preso il via nel 2021 con “Tarantula” e proseguito nel 2023 con “Tempo”. Nati dal precedente progetto Desdemona, i due musicisti hanno scelto di rinunciare a etichette e convenzioni per abbracciare una libertà creativa totale, dando vita a un universo sonoro sospeso tra post metal, ambient e suggestioni progressive. In “Tejat” l’universo narrativo si chiude con un atto denso e oscuro, un’opera ambiziosa che unisce musica e fantascienza in un viaggio senza parole ma carico di significati. L’album è costruito come una vera e propria odissea spaziale, e ogni traccia è un capitolo di questo racconto: Through the Cosmic Silence apre l’album con un segnale persistente, captato dagli esploratori: forse un residuo umano nell’universo desolato. L’atmosfera è rarefatta e sognante, un invito all’ascolto profondo. Mu Geminorum, stella che dà nome al disco (Tejat Posterior), è maestosa e inquietante. Una breve sospensione del suono lascia spazio a un momento unico: il “suono” della stella, ottenuto tramite sintetizzatori ispirati all’audio del Sole. Tejat B ci porta verso un pianeta ignoto. I sintetizzatori evocano suggestioni gioviane e l’epicità esplode con le chitarre. Il segnale ritorna, più vicino, più pressante. Echoes of Technology esplora un mondo tecnologicamente avanzato, tra suoni sintetici e riff metal: la tensione è palpabile, la meraviglia lascia il posto all’inquietudine. Dust, Chain and Trust ci parla di oppressione: architetti e schiavi convivono in un ordine crudele. I cori strazianti e le ambientazioni sonore richiamano l’estetica di Dune, tra distopia e sacralità. Beneath the Machine descrive l’incontro con una Macchina titanica che si nutre della fatica dei suoi costruttori. La tristezza lascia presto spazio alla rabbia: le chitarre diventano feroci, rabbiose, viscerali. Black Hole Architects rivela la verità: la Macchina è il cuore di un progetto che culmina nella creazione di un buco nero. Un crescendo oscuro e angosciante, chiuso da un suono che simula la nascita di quella piccola, minacciosa singolarità. The Looping Singularity è il crollo finale. I due esploratori vengono inghiottiti. Il brano alterna lentezza e caos, prima di riprendere – come un’eco lontana – il tema iniziale di Desdemona’s Gate, chiudendo il cerchio e lasciando un’unica certezza: si è tornati al punto di partenza, o forse non se ne è mai usciti.

“Tejat” è un lavoro che non fa sconti: è denso, stratificato, pensato per chi ascolta con attenzione. La scelta di affidarsi solo alla musica strumentale impone più ascolti, ma è anche la chiave che consente al disco di aprirsi come un romanzo sonoro, con immagini vivide che emergono senza bisogno di parole. OrizHon si conferma un progetto fuori dagli schemi, capace di coniugare rigore compositivo e immaginazione narrativa. Una sfida vinta: un viaggio che merita di essere intrapreso più volte, lontano anni luce da qualsiasi deriva mainstream – un territorio che, del resto, non interessa minimamente ai due musicisti toscani. In un’epoca in cui l’alterazione – del suono, della realtà, della percezione – è non solo un fenomeno artistico ma anche esistenziale, “Tejat” di OrizHon si inserisce perfettamente nel dibattito. La musica strumentale del duo livornese agisce infatti come un filtro alterante, capace di distorcere e ricostruire paesaggi sonori e mentali. Viva la musica indipendente!

Alessio Santacroce