Menotti Lerro – Rubrica empatica n. 2
Alter-azione!
“L’azione altra” che ha caratterizzato la mia esistenza è la Poesia. Scelsi di non seguire i cattivi esempi di violenza e di inconsistenza che avevo avuto dinanzi agli occhi fin dalla più tenera età per le vie del borgo dove mi è toccato nascere e “decisi” pertanto di elevare il mio spirito attraverso l’Arte. Arte che, quando è vera ed empatica, è davvero meravigliosa, mentre, al contrario è francamente inutile e perfino dannosa nella sua versione narcisistica (fattore che la rende ineluttabilmente anche mediocre).
La società contemporanea vede, infatti, la vera, poca Arte che si produce completamente surclassata dallo scintillio prepotente dell’io ipertrofico e dunque molte volte mi sono guardato allo specchio per capire per quale, per certi aspetti masochistica, ragione abbia deciso di percorrere un sentiero così tortuoso e relativamente applicabile nel mondo concreto delle cose e dei sentimenti. Poi mi ripeto che tutto questo rappresenta la mia natura, la mia quintessenza e per tale motivo non mi resta che accettare quanto e come mi è toccato e mi toccherà vivere. Percepisco la mia personalità come quella di uno schietto studioso e amante della parola che non accetta compromessi, soprusi e che si nutre di continue sfide con se stesso. “Mi amo?” Chiedo allo specchio della mia stanza. “No, per niente!” Amo però i veri Maestri che ho avuto l’onore di incontrare e che mi hanno offerto la loro parola: saggezza, gentilezza, visione, umanità. Del mondo, loro sono i diamanti che brillano nelle mie notti insonni. Se penso ad un Maestro i miei occhi si illuminano. Se oggi resisto ad ogni azione subita (e credetemi quando dico che me ne hanno fatte di terribili…) è grazie ai loro insegnamenti. Se ho scritto e letto lo devo a loro; se ho fondato un Movimento che mi appare rilevante nella Contemporaneità come l’Empatismo lo devo ancora una volta a loro.
L’Empatia in questa società è davvero “un’azione altra” nel senso che tentare di comprendere il prossimo fino ad amarlo è qualcosa di alternativo, specie in territori senza onore né scrupoli… Io sono nato così, con il cuore dei miei genitori che mai in casa davano cattivi esempi come l’imprecare verso il prossimo o l’invidiarne i talenti. Loro, Maestri per eccellenza, auguravano il bene a tutti e mai si lamentavano di torti subiti o di altro. Per me e per le mie sorelle sono stati luce ineguagliabile da assorbire per proteggersi dalla viltà del mondo. Devo dire che tutto questo ha determinato per il sottoscritto anche fragorose cadute: non sono stato capace di difendermi al meglio allorquando sono stato meschinamente attaccato e ferito da alcuni soggetti loschi e vigliacchi (medici e politici in particolare). Spesso ho meditato su questo, pensando che nel nostro sistema di cose un po’ di malizia è davvero necessaria se non si vuole essere preda dei lupi famelici in cui ci si imbatte innumerevoli volte ogni giorno. Cristo Gesù (o almeno la storia che di lui si è scritta) ci ha mostrato che ogni bontà estrema finisce sulla croce… Avrei dovuto capirlo qualche anno fa… Ma meglio tardi che mai. Io sono ancora vivo.
Il figlio di Geova fu il primo, vero “alternativo” della storia. Donò quella che si potrebbe definire “anima” a gente che ne era priva affinché potessero redimersi. Cristo Padre è il Maestro dei Maestri di ogni credente e anche di chi, come me, crede a giorni alterni. Da piccolo, guardando la televisione, mi capitava di commuovermi spesso in tre soli casi: quando vedevo film dedicati ai campi di concentramento, a figure di malati di mente e alla figura del figlio di Dio. Ricordo che non di rado venivo assalito da un pianto irrefrenabile, impossibile da pacificare, e che non riuscivo a spiegare a me stesso. Null’altro, in verità, mi toccava così nel profondo come quei temi che ancora oggi di tanto in tanto sono capaci di annientare le mie difese. A ben pensarci, forse anche commuoversi dinanzi al dolore altrui è in fondo un’alter-azione.
Menotti Lerro
Poesie tratte da
POETI EMPATICI ITALIANI (GENESI EDITRICE,
2025)
A cura di Menotti Lerro
FRANCO LOI
(GENOVA, 21 GENNAIO 1930, MILANO 4 GENNAIO 2021)
Forsi û tremâ cume de giass fa i stèll,
no per el frègg, no per la pagüra,
no del dulur, legriâss o la speransa,
ma de quel nient che passa per i ciel
e fiada sü la tèra che rengrassia…
Forsi l’è stâ cume che trèma el cör,
a tí, quan’ne la nott va via la lüna,
o vegn matina e par che ‘l ciar se mör
e l’è la vita che la returna vita…
Forsi l’è stâ cume se trèma insèm,
inscí, sensa savèl, cume Diu vör…
Forse ho tremato come di ghiaccio fanno le stelle,
no per il freddo, no per la paura,
no del dolore, del rallegrarsi o per la speranza,
ma di quel niente che passa per i cieli
e fiata sulla terra che ringrazia…
Forse è stato come trema il cuore,
a te, quando nella notte va via la luna,
o viene mattina e pare che il chiarore si muoia
ed è la vita che ritorna vita…
Forse è stato come si trema insieme,
così, senza saperlo, come Dio vuole…
DACIA MARAINI
(Firenze, 1936)
Donne mie illudenti e illuse
che frequentate le università liberali,
imparate latino, greco, storia, matematica, filosofia;
nessuno però vi insegna ad essere orgogliose,
sicure, feroci, impavide.
A che vi serve la storia se vi insegna che il soggetto
unto e bisunto dall’olio di Dio è l’uomo
e la donna è l’oggetto passivo di tutti
i tempi? A che vi serve il latino e il greco
se poi piantate tutto in asso per andare
a servire quell’unico marito adorato
che ha bisogno di voi come di una mamma?
Donne mie impaurite di apparire poco
femminili, subendo le minacce ricattatorie
dei vostri uomini, donne che rifuggite
da ogni rivendicazione per fiacchezza
di cuore e stoltezza ereditaria e bontà
candida e onesta. Preferirei morire
piuttosto che chiedere a voce alta i vostri
diritti calpestati mille volte sotto le scarpe.
Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite,
sappiate che se volete diventare persone
e non oggetti, dovete fare subito una guerra
dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini, ma
contro voi stesse che vi cavate gli occhi
con le dita per non vedere le ingiustizie
che vi fanno. Una guerra grandiosa contro chi
vi considera delle nemiche, delle rivali,
degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria
tutti i giorni senza neanche saperlo,
contro chi vi tradisce senza volerlo,
contro l’idolo donna che vi guarda seducente
da una cornice di rose sfatte ogni mattina
e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,
scintillanti di collane, ma prive di braccia,
di gambe, di bocca, di cuore, possedendo per bagaglio
solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso
(il dovere di amare ti fa odiare l’amore, lo so)
un amore senza scelte, istintivo e brutale.
Da questo amore appiccicoso e celeste dobbiamo uscire
donne mie, stringendoci fra noi per solidarietà
di intenti, libere infine di essere noi
intere, forti, sicure, donne senza paura.
GIANCARLO PONTIGGIA
(Seregno, 1952)
Pensavo parole volanti, frecce
Pensavo parole volanti, frecce
dal leggero impennaggio,
o palloni in fuga, alianti
come foglie, sotto un palo lontano.
Non sapevo che sarei fatto terzino
di una squadra in affanno, assediata
dall’ombra, dal tempo, dal fiele
di una storia avara, immerdata.
Lettore giovane e ardente,
prendi nota del tuo destino.
La vita è in agguato, sempre,
sulle strade del nostro cammino.
VALERIO MAGRELLI
(Roma, 1957)
L’imballatore chino
che mi svuota la stanza
fa il mio stesso lavoro.
Anch’io faccio cambiare casa
alle parole, alle parole
che non sono mie,
e metto mano a ciò
che non conosco senza capire
cosa sto spostando.
Sto spostando me stesso
traducendo il passato in un presente
che viaggia sigillato
racchiuso dentro pagine
o dentro casse con la scritta
“Fragile” di cui ignoro l’interno.
È questo il futuro, la spola, il traslato,
il tempo manovale e citeriore,
trasferimento e tropo,
la ditta di trasloco.
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