Mirko Tondi – Brandelli di uno scrittore precario n.27: il tempo del divano
Ne è passato di tempo da quando di tempo ne avevi in abbondanza o riuscivi a ritagliarlo dal
tessuto rammendato della tua vita. Non mancavi mai di suggerire a chiunque di leggere il più
possibile e di scrivere ogni giorno, di provarci in ogni modo, magari passando attraverso rinunce
e sacrifici, leggere e scrivere malgrado tutto: gli impegni quotidiani e le priorità che cambiano e
le preoccupazioni e i disagi eccetera eccetera. O anche soltanto pensarci, a scrivere, se proprio
non si riusciva a farlo fisicamente; e allora ti piaceva citare quell’aneddoto su Conrad (abusato
ormai da tutti, da te in primis) in cui c’è lui che se ne sta seduto in poltrona a guardare fuori dalla
finestra e deve spiegare alla moglie che comunque sta lavorando. Perché tu stesso eri capace
di tutto questo: ti svegliavi prima la mattina oppure andavi a letto più tardi la notte, il risultato non
cambiava. E quando non potevi scrivere, non facevi che pensare ai progetti su cui eri impegnato
al momento, era come scrivere senza farlo veramente. Eri convinto che la disciplina, la
continuità e il rigore – e a volte persino la forzatura di costringersi a stare alla scrivania e non
alzarsi finché non si era prodotto almeno un certo numero di battute – potessero rivelarsi degli
aiutanti imprescindibili. Tutto procedeva in maniera coerente, nella tua testa e nei fatti. Tu ne eri
il re, del regno della coerenza. Ma adesso che ti guardi allo specchio e vedi bene, andando oltre
i capelli imbiancati e le classiche rughe che dovrebbero raccontare la tua età (ma che a dire il
vero non ti parlano di te, perché ti sembra di averle sempre avute), riesci a scorgere nei tuoi
occhi qualcosa di diverso: la verità non è che il tempo passa e cambia tutto, semmai siamo noi
che abbiamo la presunzione di poter rimanere gli stessi nonostante il trascorrere del tempo. Ora
non suggerisci più alle persone quello che sarebbe giusto per loro, poiché tu sei il primo a
trovarti nell’incapacità di poter fare. Perché ciò che prima ti riusciva con facilità ed entusiasmo,
adesso ti risulta tanto difficile, te lo sei mai chiesto? E poi, ti interessano ancora le stesse cose
di dieci o venti anni fa, oppure ti sei solo convinto di portare avanti una specie di missione che
adesso non ha più senso di esistere? A un certo punto, ti rendi conto, non si dovrebbe più
pretendere da sé stessi la coerenza a tutti i costi, d’altra parte si impara molto di più da un
cambio di prospettiva, quando ci si rimette in discussione e tutto il resto. Frasi fatte. Ma tu sei
questo, ormai. Con gli anni si acquista una sorta di saggezza popolare che rasenta la banalità.
Pensi che con quella si possa persino vivere meglio. Ormai trovi stucchevoli quelle interviste
con gli slogan a effetto, quell’ostentata volontà di dire sempre qualcosa di illuminante da dare in
pasto a chi ne sa di meno, l’apparente brillantezza esteriore che mal collima con l’opacità
emotiva che ti arriva, i premi esibiti come trofei di caccia da appendere alla parete. Ti senti
stanco di dover per forza dare sfogo a un’identità virtuale che pian piano risucchia nel gorgo
quella reale. Pensi francamente di non aver più molto da dire sull’argomento. E non ti dispiace
neanche più di tanto. Vorresti sbiadire lentamente per confonderti con il tessuto del tuo
copridivano, mentre guardi un’inutile partita di calcio in tv con una birra in mano, poco prima di
addormentarti a bocca aperta. Senti che tutta questa normalità ti manca. Non hai bisogno di
essere sempre mentalmente coinvolto, non devi dimostrare niente a nessuno se non a te
stesso. Quindi adesso smetti di guardarti allo specchio, d’altronde è un’azione sopravvalutata,
una scena da film che non ti corrisponde; i personaggi dei film riescono a capire sempre un
sacco di cose guardandosi allo specchio, ma tu no, tu riesci soltanto a vedere. E questo ti basta.
Ora apri il frigo e ti prendi quella birra, la stappi, ti butti sul divano e mentre dai un sorso accendi
la televisione: c’è proprio una partita che neanche ti interessa, ma pensi che la guarderai lo
stesso. Sì, è perfetta per addormentarsi.
Mirko Tondi
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