Poesie di Ivan Pozzoni
Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976. Tra 2007 e 2024 sono uscite varie sue raccolte di versi: Underground e Riserva Indiana, con A&B Editrice, Versi Introversi, Mostri, Galata morente, Carmina non dant damen, Scarti di magazzino, Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni, Cherchez la troika e La malattia invettiva con Limina Mentis, Lame da rasoi, con Joker, Il Guastatore, con Cleup, Patroclo non deve morire, con deComporre Edizioni, Kolektivne NSEAE con Divinafollia. Ha scritto 150 volumi e 1000 saggi accademici, con 5000 apparizioni in rivista. I suoi testi sono tradotti in 30 lingue. Ha fondato la neoN-avanguardia e il movimento militante hijacking Kolektivne NSEAE.
SIAMO TIGRI DI CARTA
L’una di notte non suona mai così spontanea
dalle mie mani dense di ragadi non battono doloranti filastrocche,
da anni, oramai, sono vittima collaterale di una metrica troppo risoluta
schiava di no Tav, no Vax, no tax, no fly zone,
i miei acidi gastrici carburano con tonnellate di Pantoprazolo
con la digestione impedita da uno stomaco butterato dai buchi del vaiolo.
Responsabili e irresponsabili allo stesso momento
rogitiamo case come se dovessimo vivere in eterno,
non ci fidiamo a essere padri o madri e, con nonchalance,
adottiamo amori destinati a non sopravvivere un decennio
non vediamo l’ora, dopo una giornata, che il destino ci scodinzoli alla porta
e non ci rendiamo conto, allo specchio, di barattarci con tigri di carta.
Pure va tutto bene e non c’è niente che funziona,
attento alle calorie in eccesso, col contapassi da asino da soma,
bulimizzo ogni sentimento, enigmatico come la sfinge di Chefren,
nessuno saprà mai se sono pago o sto a tre metri dall’overdose d’En,
ubiquo nell’arena, sotto il drappo rosso, bovino dall’aspetto esangue,
non si capisce se sono qui o vorrei stare ovunque.
CARONTE, IN RIVA AL LAGO
Seduto su una roccia, in riva alle acque turbolente
macchiate di ricordi del mio Lete lacustre,
mi tramortisco col rumore ombroso delle onde
che cantano dei miei vent’anni, d’amori e attese blande.
Cerco un Caronte astioso e ansante,
che meni la mia barca sui fiumi d’Occidente,
rodato dosatore d’ansiolitici, seduta stante,
scorbutico maleducato, rude bifronte.
Cerco un Caronte, un Caronte vero,
temerario consulente abituato a transumanze d’ogni genere,
con remi, barba stanca,
obolo di scorta che difenda all’arma bianca.
Seduto su una roccia, rinvio a domani
l’insulsa immaturità delle mie mani.
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