Vincenzo Trama - Editoriale

Vincenzo Trama – Editoriale

Venticinque anni e farsi ancora i denti rosicchiando l’osso dell’editoria, arrivando al midollo e succhiarne la polpa, fare quelli cattivi, ma solo per finta, che poi in un angolo buio di periferia siamo i primi a offrirvi un goccio di rhum, una scodella di minestra, un pezzo di carta su cui scrivere un vostro sogno e magari pubblicarlo, se è bello.

Siamo randagi, forse non sempre contenti, ma fieri senz’altro: abbiamo l’età di uno che non vuole mettere la testa a posto e il prossimo viaggio che sta organizzando è su Marte, che comunque è troppo vicino, ora che ci va anche Musk.

foto di Riccardo Marchionni

Non abbiamo mai smesso i panni dei guastafeste, ieri su Splinder e oggi non lo sappiamo nemmeno noi; siamo fuori contesto, invisibili perché visibili lo sono tutti, e dunque nessuno. Ci distinguiamo così, credendo nel contatto nudo e crudo della stretta di mano in una piazza fredda in provincia, quando infuria la buriana e tu magari ti stai sparando il tuo ennesimo reel autopromozionale per i tuoi amichetti virtuali, un manrovescio di clickbait che noi abbiamo sempre evitato come la peste, preferendo estinguerci, piuttosto, anche se alla fine stiamo ancora qua, nonostante tutto, nonostante te.

A impestare certi corridoi fatti stretti, contorti e bui, dove ammiccare pare farti avere giusto quel po’ di luce necessaria per non farti cozzare contro i muri, ma noi siamo abituati a pogare contro le pareti da sempre, non ci ha mai fatto male l’indifferenza dei tronfi, il soldo corrotto del padrone, le spallate dell’amico di cartapesta. Siamo vaccinati a tutto perché in fondo il vero virus siamo noi e godiamo anche solo se ogni tanto ti diamo fastidio un po’. Gocciarti il naso, pizzicarti l’occhio, giramenti di capo: siamo noi che di torno proprio non ci leviamo.

E siamo sempre i soliti, magari ogni tanto diversi, ma solo di faccia perché il resto mica tanto. Penne schive ma acuminate come lame pronte ad affondarti nella pelle, incidiamo tatuaggi tipografici che spazzano trasferelli editoriali tutti uguali, senza rendere conto a nessuno ma solo al nostro gusto, che se non è il tuo è anche meglio, ci piace di più.

Randagi, lo siamo da venticinque anni e da ventotto numeri di questa rivista da che l’ho ripresa in mano, dove ci citano in giudizio tutti e per tutto: per le foto, per i racconti, per il nome, pure quello. E noi giù a testa china, che non significa certo bassa. Continuiamo a fare quello che piace di più, dissacrando quanto meglio ci riesce. Noi e il nostro manipolo di randagi come noi.     

Se ti va leggici ancora, dacci spazio, spargici in giro. Portaci con te, negli anfratti ostili in cui riparerai; più lo saranno e più te ne saremo grati. Amiamo le metropolitane, le pensiline diroccate, i mercati tra le massaie. Le panchine nei parchetti, i vagoni del treno, i prati in camporella. Le piste ciclabili, i quartieri multietnici, i pub di periferia.

E se vuoi, Maurizio, portala con te, ovunque tu sia in questo momento: magari non sarà come te l’aspettavi, ma di certo del nero di china tuo, in queste pagine così cattive, c’è ancora.  

Randagi, sì. Ma con un certo gusto.

Buona lettura.

E che l’inchiostro ti sia lieve, Maurizio.

Vincenzo Trama