Fabio Strinati presenta Lorenzo Spurio

Lorenzo Spurio (Jesi, AN, 1985), poeta, scrittore e critico letterario. Per la poesia ha pubblicato Neoplasie civili (2014), La testa tra le mani (2016), Le acque depresse (2016), Tra gli aranci e la menta. Recitativo dell’assenza per Federico García Lorca (2016; 2020) e Pareidolia (2018). Ha curato antologie poetiche tra cui Convivio in versi. Mappatura democratica della poesia marchigiana (2016, 2 voll.), Nella sera che cala sul litorale. Percorso antologico nella poesia del Guerriero del Silenzio (2016), Adriatico: emozioni tra parole d’onde e sentimenti (2017) e Sicilia: viaggio in versi (2019). Per la narrativa ha pubblicato tre raccolte di racconti La cucina arancione (2012), L’opossum nell’armadio (2015) e Le due valigie e altri racconti (2018). Intensa la sua attività quale critico con la pubblicazione di saggi in rivista e volume, approfondimenti, prevalentemente sulla letteratura straniera, tra cui le monografie su Ian McEwan e il volume Cattivi dentro: dominazione, violenza e deviazione in alcune opere scelte della letteratura straniera (2018). Si è dedicato anche allo studio della poesia della sua regione pubblicando Scritti marchigiani (2017) e La nuova poesia marchigiana (2019). Tra i suoi principali interessi figura il poeta e drammaturgo spagnolo Federico García Lorca al quale ha dedicato, oltre una plaquette poetica, la curatela Il canto vuole essere luce. Leggendo Federico García Lorca (2020) e un ampio saggio sulla sua opera teatrale, tutt’ora inedito e tiene incontri tematici. Ha tradotto dallo spagnolo racconti del peruviano César Vallejo (1892-1938) e dello spagnolo Juan José Millás (1946) e una selezione di poesie dell’argentina Niní Bernardello (1940-2020) e dell’ecuadoriana Dina Bellrham (1984-2011), quest’ultime confluite in Le iguane non mi turbano più (2020). Socio Corrispondente dell’Accademia Cosentina, Socio Onorario dell’Accademia Regionale dei Poeti Siciliani “Federico II” di Marsala (TP) e dell’Associazione Siciliana Arte e Scienza (ASAS) di Messina, è Presidente dell’Associazione Culturale Euterpe di Jesi e Presidente di Giuria in vari concorsi di poesia, tra cui il Concorso di Poesia “Città di Porto Recanati – Premio Speciale Renato Pigliacampo” e il Premio Letterario “Città di Chieti”; ha ideato e presiede il Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi”. Ha vinto vari premi letterari sia per la poesia che per la saggistica, tra i quali “Casentino”, “Anselmo Spiga”, “Mario Arpea”, “Tulliola”, “Le Rosse pergamene”, Città di Latina, Città di Ancona, “Patrizia Brunetti”, “Antonia Pozzi”; è risultato più volte finalista al Premio “Camaiore. Gli sono stati attribuiti due Premi Speciali “Alla Cultura” rispettivamente al Premio “Kalos” di Firenze (2020) e al Premio “Le parole dell’anima” di Casoria (2021). Su di lui si sono espressi, tra gli altri, Giorgio Bàrberi Squarotti, Dante Maffia, Corrado Calabrò, Ugo Piscopo, Guido Oldani, Mariella Bettarini, Emerico Giachery, Carmelo Mezzasalma e numerosi altri. 

 

(Nota biografica aggiornata al 08/01/2021)

 

Toglieremo corone

Di apprensioni e coraggio che si scrosta

è questo viaggio, maschera per la bocca;

il virus è nemico di tutti e dell’aria.

Nel viale di acciaio che percorro, alberi

con foglie lunghe – verdi e in salute –

sfrecciano; arriverò dai miei genitori stasera.

Eppure è un rischio – decreti che ululano

e abbracci che devo diluire – c’è un’aria

che si taglia, di questo tempo d’angoscia.

Lo sguardo vigile e profondo – qui l’Appennino

è un osso frastagliato, sicuro della resa, 

offre al lichene rosso piantumazione certa.

Compi con me questo viaggio nella luce,

spezzeremo noie e d’intorno toglieremo corone.

È questa la vigilia dei cipressi,

ci sarà odore di mughetto e il tocco di magnolia.

 

Lì dove non c’è niente

Immagino i giardini viola

tra luci false e mani strette,

non pare che la corteccia suoni

eppure è il vento che l’accoglie 

tra le ferite lunghe, senza sangue

s’infila vigoroso e feconda il legno,

lo mescola a pezzi d’aria, ecco il

frastuono lievissimo, il rumore che non sento.

Affranta la pietra che non può

rinfrescarsi – c’è il cane che guarda

d’intorno, occupa tutto, priva lo spazio.

Percorro il grigio ma la campata 

del giardino s’allunga, vedo absidi di foglie

non è un tumulo di agi – il sole ricorda

al gatto di guardare lì, dove non c’è niente.

 

La perizia della forma

Chi ha detto che un’arancia spaccata

non è essere dato di comunicazione?

C’è una lingua lunga – insondabile – che sento

tra gli spicchi, voci si mischiano lievi,

è un chiamare che non puoi evitare.

La goccia è calda e senti il ritmo che

richiama; si sa che l’orecchio non è osso

di dinosauro ma gladiolo spampinato,

chi vive di rottami cerca stelle e 

prende la luna ne bicchiere; io

vanto la perizia della forma, silloge

di vapore e partiture da indagare.

Parlo alla luna con la risposta astrusa

-suggerisce l’idea del quesito – lo minaccia

del sovraccarico, non vedi tra le sue

polveri di attimi e briciole di fuori?

Raccolgo a dismisura prodotti siderali,

incapsulato e situo nei barattoli ma è un’anfora

smagata – rete con maglie larghe e inutili.