Fabio Izzo - Pedrag Matvejeic, l’ anima del Mediterraneo

Fabio Izzo – Pedrag Matvejeic, l’ anima del Mediterraneo

“Scegliamo innanzi tutto un punto di partenza: riva o scena, porto o evento, navigazione o racconto. Poi diventa meno importante da dove siamo partiti e più fin dove siamo giunti: quel che si è visto e come. Talvolta tutti i mari sembrano uno solo, specie quando la traversata è lunga; talvolta ognuno di essi è un altro mare. Il Mediterraneo è a un tempo simile e in altro diverso a sé stesso”

Breviario Mediterraneo, Pedrag Matvejeic (Traduttore Silvio Ferrari)

La Vita

L’ultima volta che ne scrissi cominciai a parlarne con i versi di Gesù Bambino, la canzone di Lucio Dalla, per l’esattezza questi:

“Dice che era un bell’uomo e veniva,
Veniva dal mare…
Parlava un’altra lingua peró,
Sapeva amare”.

Perché è oltremodo impossibile separare la vita, la memoria, gli scritti di Predrag Matvejevic dal mare, il Mediterraneo, e dall’amore. Quando si fermava a raccontare la sua vita era costretto a ricorrere a luoghi dell’ altrove, tra un esilio e l’altro ma non c’erano mai gli altri, non c’era mai una distanza tra lui e gli esseri umani. Per lui l’identità era qualcosa di falso, che tutti si affannano ad inseguire, ma che ormai, in questa realtà composta, diviene impossibile da definire.

Nelle sue parole c’è dunque tutta la sua essenza, il mare, le lingue del mare, l’amore, l’amore per il mare, l’amore per le lingue, l’amore per le lingue del mare. Leggendo il suo testo più famoso, Breviario Mediterraneo, si inizia una sequenza di caldi affetti senza fine, di memorie dispensate con sapienza. La sua è una erudizione amichevole, mai pomposa, conviviale ed ecumenica nel vero senso del termine.

Predrag Matvejević è nato a Mostar nel 1932. La madre era di origine croata, il padre era un russo di Odessa. Insegnò letteratura all’Università di Zagabria, poi nel 1991 emigrò prima a Parigi per insegnare alla Sorbona e poi alla Sapienza di Roma dal 1994 al 2007. Fu consulente della Commissione europea per il Mediterraneo, ricevette la Legion d’onore in Francia e la cittadinanza onoraria in Italia. Più volte è girato il suo nome nell’ambito del Nobel ma senza fortuna.

L’identità – Pane Nostro

“Il cattivo odore delle vecchie tradizioni nazionaliste ristagna ancora”

“Bisognava prendere posizione, oppure tradire se stessi. Ho poca stima per coloro che pongono lo spirito di parte al di sopra dei principi, la nazionalità prima dell’umanità. Una grandissima responsabilità incombe su di loro”.

Per questo non poteva non denunciare la responsabilità dell’intelighenzia nazionalista, coloro che hanno fomentato l’odio etnico e inneggiato alle “guerre patriottiche”, gli ideologi voltagabbana e per questo era pronto ad andare in carcere…

La maggior parte delle persone che lo ha potuto ascoltare a Belgrado anni fa non ha potuto leggere quel che ha scritto negli ultimi anni. Gli sembrava quindi di trovarsi a presentare il rapporto di quel che ha fatto fra asilo ed esilio. Camminava per vecchie strade che conservavano la patina del passato. Senza meta. Gli altoparlanti diffondevano musica, popolare e leggera, nazionale o straniera, nel centro sulle Terazije, accanto all’Hotel Moskva e dal lato opposto davanti alla Cassina, all’inizio e fine di via Knez Mihajlova, sulla piazza di Slavija. Passavano giovani con le stampelle, altri con le protesi, altri ancora su una sedia a rotelle. Quattro guerre e neanche una vittoria si erano viste da quelle parti. A ogni passo si sentiva un accento non belgradese, la voce di un serbo venuto da altrove, un immigrato. C’erano ancora belgradesi a Belgrado?.

“Il primo pane è nato sotto la cenere e sotto la pietra. È più anziano della scrittura. Colui che ha visto la prima spiga e la disposizione dei grani dentro la spiga ha avuto la prima idea dell’ ordine, della simmetria e forse dell’ uguaglianza”.

Pane Nostro – Predrag Matvejevic

Scrisse un libro sul pane, sul corpo e sulla fede. Aveva prodotto più di 400 pagine e c’era una storia in particolare che amava raccontare, quella di un prigioniero turco che nel XVII secolo era riuscito a sopravvivere 50 anni nelle dure carceri turche per più di 50 anni grazie a pane e acqua: “Il pane che gli bastò per vivere un giorno dopo l’altro è lo stesso di quello che serve per sognare un giorno di essere liberi”. Di quelle 400 pagine ne furono pubblicate 231… Pane nostro è stato pubblicato nel 2010 da Garzanti.

Si espresse anche sulla depressione economica e morale che ha colpito e afflitto recentemente l’area mediterranea, quella che ha tanto amato e per cui si è tanto speso: “ La globalizzazione politica e mercantile stentava ad allargarsi, invece la globalizzazione della crisi è stata rapidissima e ha coperto a un tratto quasi l’ intero pianeta. Col risultato che oggi l’ Unione europea sente come un peso i nuovi membri, quelli dell’ Est. E nuovi muri cominciano a sostituire il muro di Berlino. L’alternativa mediterranea è rimasta una davvero scarsa possibilità o volontà, e un ancor minore sostegno o coraggio, di portare avanti progetti a beneficio dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Dall’ 11 settembre 2001 ad oggi, gli incalzanti avvenimenti dei tempi recenti hanno appesantito il clima di tensione. Basta guardare i problemi dell’ immigrazione, accompagnati dal timore di ondate di nuovi migranti, spesso identificati come possibili terroristi, che sono diventati l’ ossessione della vita quotidiana.Il percorso da inseguire è quello dei piccoli progetti nel segno della cooperazione. Perché un’ identità dell’ essere, forte in alcuni Paesi mediterranei, non riesce a trovare un’ adeguata identità del fare. Ma al fondo di tutto rimane viva l’ esigenza di non abbandonare il Mediterraneo a se stesso e ai suoi demoni. Questo mare, è perfino banale ripeterlo, resta comunque l’ antica culla dell’ Europa, lo spazio dove sono cresciute

La geo poetica

Matvejevic fu anche l’ inventore della geo-poetica, è anche vero però che facciamo in fretta a coniare termini per semplificare le cose, ma risulta e risulterà innegabile che l’autore di Pane Nostro, personifica il Mediterraneo che conosceva e amava come pochi altri. Era sempre accogliente, generoso, ospitale e amichevole, le sue parole erano sempre contro le ingiustizie, mai a favore di divisioni.
“Il Mediterraneo nasce, cambia e talvolta muore con i suoi venti, umili o prepotenti”.

La retorica è l’arte del parlare bene, ma non si può che parlare bene di un maestro come Pedrag. Chi l’ha conosciuto l’ha apprezzato, chi l’ha letto l’ha sicuramente sentito come un fratello. Le sue opere sono lì, come fari ardenti nelle acque del Mediterraneo, retti ad indicarci una rotta da seguire non solo nello spazio, ma anche nel tempo perché i valori umani da lui indicati a tutti popoli del Sud Europa, e non solo, splendono come una stella polare di perpetua memoria.

La «patria dei miti», il Mediterraneo, ha sofferto delle mitologie che essa stessa ha generato o che altri hanno nutrito. Questo spazio ricco di storia è stato vittima degli storicismi. La tendenza a confondere la rappresentazione della realtà con la realtà stessa si perpetua: l’immagine del Mediterraneo e il Mediterraneo reale non si identificano affatto… Né le somiglianze né le differenze nelle culture del Mediterraneo sono assolute o costanti: talvolta sono le prime a prevalere, talvolta le ultime. Il resto è mitologia”.

Un cantore moderno, un intellettuale d’acqua salata, capace di navigare e di tenere saldamente il timone nelle sue mani in ogni frangente della vita, anche in quelli più avversi. Ha visto il suo mondo, la Jugoslavia, disintegrarsi, ma mai in maniera passiva, ha sempre fatto la sua parte, indicando i torti, accusando i colpevoli, pagando con l’esilio le sue scelte. Non a caso è stato lui a coniare il termine democratura, crasi di democrazia e dittatura, indicante l’incompiutezza della transizione democratica negli stati dell’Europa centrale ed orientale finito il periodo socialista. “E’ un ibrido di democrazia e dittatura, si proclama la democrazia mentre si praticano forme di dittatura nascosta”

“Il Mediterraneo nasce, cambia e talvolta muore con i suoi venti, umili o prepotenti”. (Predreg Matvejevic, Breviario Mediterraneo)

“Ci sono dei moli che assomigliano ai profili allungati di barche – le hanno attese tanto a lungo che alla fine ne hanno assunto la forma”.

Predrag Matvejevic, Breviario Mediterraneo

Il Nobel a Matvejevic sarebbe stato un segnale forte, un segnale di pace e di fratellanza, sicuramente più forte di alcuni degli ultimi premi Nobel per la pace politici perché in Matvejevic c’era e c’è, questo è il grande dono degli scrittori, cioè il continuare a esserci, di restare, con le parole e i pensieri, diventare aghi di bussole a volte troppe impazzite, dove il Nord sopraccitato, appare senza direzione.

(Fabio Izzo)