Genesi - Vincenzo Longaretti

Genesi – Vincenzo Longaretti

Amo le insegne illuminate che salgono fino al quarto piano dei palazzi. Per la maggior parte non riesco a leggerle, però. Sto attraversando China Town con la macchina blindata a velocità molto lenta, i colori della notte si specchiano sui vetri oscurati della mia macchina. Sul tetto di un palazzo in lontananza leggo Venus in furs, e sotto c’è la gigantografia di un volto scavato che mi guarda con una fissità ipnotica. Le finestre degli appartamenti dietro la gigantografia non ricevono mai la luce del giorno, i suoi abitanti sono come topi nella tana.

I marciapiedi sono pieni di gente come me, insonni che cercano di distrarre il tempo, irrequieti in cerca di soddisfazione.

Un uomo dell’est-Europa ha allestito un banchetto per il gioco delle tre carte e dei polli gli stanno attorno convinti di essere loro i più svegli, mentre un complice del baro fa vedere che si può vincere. Appena l’europeo mi vede chiude il banchetto e si sfila dalla via principale. I ristoranti stanno lavorando alacremente, l’aria è piena di vapori e i mangia spaghetti con la pancia piena fanno due passi e si fermano a guardare la prostituta colombiana ferma all’angolo. La ragazza ha la testa piegata in avanti sul cellulare e non bada a nessuno, è concentratissima a digitare qualcosa sul cellulare, ogni tanto sorride per quello che ha appena letto, è in una conversazione fittissima di messaggi con l’amore della sua vita. Una macchina si ferma e la colombiana sale dopo aver contrattato il prezzo.

Passa un uomo in camicia bianca con le buste della spesa che gli pesano dalle mani. Un parlamentare prova gusto a palpeggiare le chiappe dure e strette in una fascia elastica di una trans, mentre la spinge dentro un hotel.

Do una sgasata, la voce del motore mette in allarme un gruppo di nordafricani, piegano la testa come se mi avessero visto solo in quel momento, mi fanno il medio e mi insultano toccandosi i coglioni. Mi vogliono sfidare in un incontro che per il momento non ci sarà e che comunque perderebbero.

In downtown i neon colorano il grigiore e centinaia di fari creano colonne di luce in cielo. Un elicottero atterra in cima al grattacielo in fondo alla strada. Qui la gente si tiene per mano, un nero stringe la vita di una bionda notevole. Gente colta scende i sottoscala per sentire un pianista picchiare sui tasti per spremere un po’ di melodia. Nel sottoscala accanto un pianista sfiora i tasti solleticandoli. Nei jazz club si possono trovare sensazioni diverse adeguate ad ogni tipo di orecchio.

Scivolo via, supero il ponte, entro nelle tenebre, fumatori d’oppio sono seduti sui gradini di palazzi fatiscenti. Un ragazzo già sdentato racimola soldi spacciando, si crede nei guai, mi fissa terrorizzato. Passo oltre. Una ragazza sta urlando, ecco un altro stupro. Passo oltre. Costeggio il molo dove un uomo a dieci metri d’altezza è legato per le gambe ad una gru, sotto ci sono uomini della mafia russa che fumano. Passo oltre.

Arrivo ad uno spiazzo dove l’erba ha bucato il cemento, mi avvicino ad un edificio vecchio di tre secoli che sembra un tempio greco.

Giro la chiave, richiudo la portiera su cui si legge POLICE. Spingo il portone che non ha serratura. Scaffali pieni di libri creano corridoi come un labirinto. Mi dirigo nella saletta centrale, mi siedo al tavolo e accendo la luce, leggo il titolo del libro “Genesi”. Lo apro e riprendo a leggere da dove mi ero fermato. È il racconto di come siamo stati creati. Il nostro dio ammette di essere responsabile di un ERRORE DI SISTEMA che nei secoli scorsi veniva indicato con la parola LIBERTà.

Vincenzo Longaretti