Luca Cassarini – Paura del buio

Il protagonista del racconto di Luca vive una storia di abbandono domestico, almeno solo in apparenza. Il peggio capita nelle ultime righe, svelandoci il Male in tutta la sua cruda sostanza. Un bell’esordio, che siamo lieti di pubblicare sulle nostre pagine.

PAURA DEL BUIO

«Sono forte, io.»

Lo so. Me lo ripete sempre mamma quando viene a prendermi a tennis dopo gli allenamenti del martedì. «Sono forte», mi rassicuro avanzando a tentoni nell’oscurità, stringendo tra le mani una racchetta. È anche un bel modello, forse costoso; me lo ha regalato papà il giorno del mio compleanno, commentando anche lui, nel darmi un buffetto: «Sei forte, eh!» Adesso in realtà me la sto facendo sotto. È notte fonda. Anche se ho sette anni compiuti da poco, non riesco a dormire senza una luce accesa. Il compromesso è stato quello di lasciar filtrare una striscia giallognola da una lampadina in corridoio. Poco fa mi sono svegliato all’improvviso, evidentemente per degli incubi, e la luce era spenta.

Ricordo che nel sogno c’era del trambusto, in casa. Sentivo anche delle urla. Infine, un gran silenzio. Incubo o meno, ora la luce è spenta, e questo non va bene per niente. Sì, lo so, ho paura del buio. L’interruttore è lontano, per raggiungerlo devo armarmi di coraggio: per questo tengo in mano la racchetta da tennis, mimando alla meno peggio le mosse di Federer in tivù. Lui sì che è uno forte.

Mamma dice anche che sono una persona intelligente. Lo sosteneva ieri sera, con gli occhi lucidi e il trucco sbavato. Sorrideva, e non riuscivo a capire come potesse ridere pur sembrando triste, o forse faceva finta di essere felice mentre dentro di sé non lo era per niente. Era l’ennesima sera in cui papà non faceva ritorno a casa. «Rimane fuori per lavoro», ripeteva mamma accarezzandomi la testa, ma sapevo che non era vero. Poiché mi cantilenava che ero intelligente, e forte, allora evitavo di fare altre domande e continuavo a guardare i cartoni animati alla tivù. Mi ha detto di andare a letto presto. Forse si è dimenticata di lasciarmi accesa la luce; può succedere, non è un problema. Adesso ci penserò io: sono un piccolo ometto, come dice sempre mamma.

Il bambino si affaccia e scruta oltre la porta, cerca di cogliere l’interruttore in quell’andirivieni di foto e quadretti. Avanza coraggioso. In risposta gli giunge solo un rivolo di aria fresca ed il fiato caldo di un’altra persona. «Sei proprio forte, eh…» gli dice l’uomo incappucciato di nero, uscendo dalla penombra. Lui non se ne accorge, ma una chiazza scura inizia ad allargarsi sui pantaloni del pigiama, nel loro disegno infantile di palme e gelati. «Papà…», tenta di dire, ma dalla bocca gli esce solo un sibilo; un mormorio si disperde nel buio, là dove stanno tutte le sue paure.

Luca Cassarini