Marisa Miranda - Un bagno al mare

Marisa Miranda – Un bagno al mare

1943

Mamma non vuole che io esca, lo so, ma io voglio andare al mare, sguazzare con Maria. Stringo il bigliettino tra le mani, quello che ci siamo scambiate nel rifugio la settimana scorsa: “Giovedì alle dieci alla spiaggia bianca”.  Mamma è in cucina e cerca di preparare un pranzo con le poche cose che abbiamo, io mi chiudo in bagno, indosso il costume, prendo una borsa e ci infilo un asciugamano. La radio a tutto volume racconta, tra una canzone e l’altra, che stiamo vincendo.  “Mamma, vado a cercare il gatto, non mi allontano”. 

Le mando un bacio con la mano ed esco di casa Il tempo è poco, ma la spiaggia è vicina. Sarà uscita Maria? Non mi avrà abbandonata, spero. No, non lo farebbe mai. A passo di marcia fischietto una canzone militare, le parole non le ricordo, ma la musica non va via dalla testa. Non una nuvola, non un alito di vento. Quando saremo in mare sparirò sott’acqua e le farò tanti scherzi, lei ha paura di immergersi.

Ma quanto urlano i gabbiani, oggi. Perché scendono a terra, lontano dal mare? Non ne avevo mai visti tanti, potrebbero assalirmi. Mi sposto sull’altro lato della strada. Il cielo si oscura, lo sento rombare, le gambe mi tremano al suono della sirena.

Che faccio? Il rifugio è lontano, non riuscirò a raggiungerlo. Con le ginocchia al petto e tutto il fiato che ho corro verso il mare. Sento il cuore che batte, le tempie pulsano, mi si gela il respiro. Cominciano a lanciare le bombe, devo buttarmi in acqua. Mi tolgo i sandali, ma non ho tempo per svestirmi. Prendo fiato e mi immergo. La testa sotto, sotto. Dove sarà Maria? Forse la mamma l’ha scoperta, l’ha picchiata e l’ha chiusa in casa, lei non è furba, si fa sempre scoprire. Mamma sarà preoccupata, mi starà cercando, potrebbe essere in pericolo. Non dovevo farlo, sono una stupida, ma ora non posso allontanarmi da qui, devo solo aspettare che finisca. Soffoco, ho bisogno di respirare, devo prendere aria. Potrebbero vedermi, colpirmi, ma non ho scelta. In fondo è un attimo, uno soltanto. Ce l’ho fatta, giù, subito giù. Vergine Maria fa’ che non succeda niente, fa’ che mamma sia salva, che Maria sia a casa. Un aereo, è vicino, il rumore è forte. Potrebbe lanciare una bomba in mare, mi potrebbero colpire. 

Ẻ andato via, non è successo niente, Madonna ti ringrazio. Ora non sento più nulla, forse quell’aereo era l’ultimo, stava andando via. Conto ancora fino a cento, poi provo a uscire, non ce la faccio più. 

C’è silenzio! I gabbiani volteggiano in cielo, uno scende in picchiata, mi tappo le orecchie, chiudo gli occhi, lui pesca un pesce e va via. Ẻ finita, è davvero finita. Una donna corre verso il mare, sembra mamma. 

“Katia, Katia, dove sei?”  Mi sta chiamando, è salva, ha le mie scarpe in mano. Come avrà fatto a capire che ero qui? Cerco di correrle incontro, ma i vestiti pesano, il mare mi stringe a sé, faccio fatica a camminare. Provo a dare due bracciate anche se l’acqua è bassa, qualche passo ancora verso la riva, l’abbraccio.

 “Perdonami mamma, perdonami”. Lei mi schiaffeggia, mi bacia, mi asciuga col grembiule. “Mamma, passiamo dalla casa di Maria? La voglio abbracciare”. Non ho il coraggio di dirle che doveva venire qui. Mamma mi infila le scarpe, mi appoggio al suo braccio e percorriamo la strada assolata. Cani randagi cercano cibo, pezzi di muro per strada, case in fiamme, una scarpa sull’asfalto. Ẻ la sua, stava venendo da me. Chiudo gli occhi, non voglio vedere, ma l’urlo straziante di mamma mi racconta la verità. Lascio il suo braccio, corro tra le strade bagnate di pianto e terrore e a squarciagola urlo: “Era un bagno al mare, uno soltanto”.

Marisa Miranda