Mirko Tondi – Lavorare sulla struttura (Parte quarta)
Lavorare sulla struttura (Parte Quarta)
In questo lungo viaggio attorno al tema della struttura, vorrei chiudere il cerchio illustrando alcuni schemi che potrebbero rivelarsi utili in una fase preliminare, quando cioè avete già trovato un’idea per un ipotetico romanzo ma state ancora cercando di imbastire l’intreccio o semplicemente un’impalcatura generale. Ciò che permette a una narrazione di impennarsi è di solito quello che viene chiamato “incidente scatenante”. Che lo si chiami appunto “incidente” (come Flannery O’Connor), “piccola spinta che mette in moto” (Geroges Simenon) o “evento dinamico” (Robert McKee), il senso non cambia: si tratta pur sempre di quel “qualcosa” che accade nella prima parte di una storia, portando il personaggio ad agire (o a reagire), e le conferisce una direzione precisa; abbiamo a che fare con un fatto grande o piccolo, enorme o minuscolo, positivo o negativo, imprevisto o inaspettato, ma comunque insolito e significativo per la vita del personaggio. Ve ne sarete certamente accorti al cinema: già se entro i primi 5/10 minuti non si verifica una deviazione, anche piccola, rispetto alla normalità (la normalità che riguarda i personaggi principali e il loro mondo, fosse pure il regno di Fantàsia o la Terra di mezzo), potreste avvertire la mancanza di quell’esca che in genere vi viene servita per portarvi dentro alla storia. Voglio dire: siamo ormai abituati alla convenzione secondo la quale “le cose cambiano”, e nei film le cose cambiano piuttosto in fretta. Eccezioni a parte, è ovvio, perché anche qua potreste citarmi l’esempio di una pellicola avanguardista di un bel po’ di tempo fa e ciò che ho appena detto sarebbe presto confutato. Il fatto è che una convenzione è diventata tale perché ampiamente diffusa, ed è questo ora il caso che ci interessa. Difatti siamo in grado di riproporre uno schema e di affidarci a esso proprio perché qualcuno prima di noi l’ha concepito e molti l’hanno utilizzato, riprendendolo in toto o apportando le loro personali variazioni.
La trama dunque può essere ricondotta a uno schema narrativo essenziale (ovviamente non è universale nell’applicazione, ma vi accorgerete che appunto riflette la struttura di moltissime storie), il seguente:
- “Situazione iniziale” di equilibro e normalità;
- “Incidente scatenante”: un evento che complica le cose, che mette in moto la vicenda;
- “Sviluppo”: l’insieme dei fatti causati dall’incidente scatenante;
- “Scioglimento” o “Risoluzione” (o, per dirlo alla francese, “Denouement”, ma è sempre la stessa cosa): evento che conduce verso la conclusione della vicenda principale, che risolve (in maniera positiva o negativa) i fatti;
- “Situazione finale” dei personaggi, fine della storia (bene o male che sia andata, le cose hanno trovato o ri-trovato la loro stabilità).
John Gardner invece sintetizza nel seguente modo la struttura di una trama letteraria: un personaggio vuole qualcosa; nasce così il suo obiettivo; ecco che arrivano imprevisti, difficoltà, opposizioni (fossero anche interiori); infine la risoluzione (il denouement, che non è altro che l’effetto finale dell’azione). E con Gardner abbiamo introdotto una delle parole chiave, “obiettivo”, che fa il paio con “desiderio”. Siamo al punto in cui nella storia abbiamo fatto accadere quel “qualcosa” di cui dicevamo, che dunque sarà inevitabilmente connesso con ciò che il protagonista vuole ottenere (fosse “anche soltanto un bicchiere d’acqua”, come recita Kurt Vonnegut nelle sue già citate 8 regole). “Il desiderio esplicito del personaggio conferisce una direzione concreta alla storia”, dice Fabio Bonifacci. Giustissimo. E il fatto di non poterlo realizzare facilmente e in maniera immediata, perché degli ostacoli si frappongono sulla sua strada, può generare il cosiddetto CONFLITTO (lo scrivo in maiuscolo perché è davvero il concetto cardine di ogni storia che vi venga raccontata, dalle fiabe dei fratelli Grimm, passando per i classici della letteratura fino ai romanzi ultramoderni). I conflitti possono essere interni (paure, dubbi, ossessioni, incapacità o presunte tali) o esterni (dovuti ad altri personaggi, all’ambiente, alla società). Vincenzo Cerami propone uno schema apposito per il conflitto, che si sviluppa in quattro tappe: impostazione, lotta tra gli elementi in conflitto, crisi e risoluzione. Comunque la si voglia intendere, qualsiasi sia lo schema che prendiate come riferimento, potranno cambiare i nomi o i numeri dei vari passaggi, ma non cambierà certo l’organizzazione generale dell’impalcatura. Qualcuno parla di situazione iniziale, seguita dalla rottura dell’equilibrio, lo sviluppo, la ricomposizione dell’equilibrio e per ultima la situazione finale; ma, usando altri termini in voga, potremmo parlare anche di esposizione (in cui vengono presentati i personaggi principali e la condizione di partenza), esordio (nel quale la stabilità viene meno), peripezie del protagonista (avventure e disavventure che rendono l’obiettivo più difficile da raggiungere), spannung (il climax, ovvero il momento in cui il rischio di fallimento è più elevato), scioglimento (l’ormai nota risoluzione, positiva o negativa che sia, con la tensione che scema e la normalità che viene ristabilita) e infine la conclusione (ormai terminati gli ostacoli, sopraggiunge un nuovo equilibrio e c’è un ritorno apparente all’ordine, anche se nel frattempo è intercorso un cambiamento rispetto all’inizio). Sospendiamo qua il discorso, per riprenderlo alla prossima occasione.
Mirko Tondi
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