Patrizia Raveggi - Al Nevoso ci siamo e ci resteremo!

Patrizia Raveggi – Al Nevoso ci siamo e ci resteremo!

…Aveva gridato Benito Mussolini nella seduta parlamentare del 18 novembre 1922 a Roma, conclusa la Marcia e preso il potere – rivolgendosi contro il parlamentare sloveno Josip Vilfan che implorava la cessazione del crescente tormento persecutorio a fini snazionalizzanti sulla numerosissima popolazione slovena e croata del Litorale che il Trattato di Rapallo aveva assegnato all’Italia spostando a est la linea di confine, da Peč fino – appunto – al Monte Nevoso.

Dal 1920 in avanti, nel giro di una decina di anni, più di quattrocento associazioni politiche, culturali, giornalistiche, finanziarie, monetarie slovene sarebbero state chiuse, i loro beni confiscati; impiegati pubblici e privati, professionisti e insegnanti rimossi dai loro posti di lavoro; la maggior parte della intellighenzia laica e dei rappresentanti politici si sarebbe trasferita altrove.

Rimaneva solo il clero a resistere, un clero colto e tenace che faceva capo a una ramificata Organizzazione segreta cristiano sociale la cui azione irredentista veniva segretamente approvata e sorretta dai politici cattolici presenti nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e in particolare dal potente Anton Korošec, guida del Partito Popolare sloveno. Mentre la lingua slovena veniva proibita nelle scuole, in tutte le istituzioni, nei locali aperti al pubblico, nei testi delle canzoni, vietata in ogni occasione di scambio non strettissimamente privato e gradualmente estromessa anche dalle chiese, ci si rese conto che i messaggi contrari al regime sarebbe stato meno imprudente affidarli non alle parole scritte, parlate o cantate, bensì alla pittura, all’arte figurativa.

A Tone Kralj – convocato sul Litorale – quella organizzazione comunicò che ‘la parola slovena proibita […] ‘, si doveva sostituire con immagini: slovene nello stile e nel contenuto. Fu così che si susseguirono uno dopo l’altro rifacimenti di interni di chiese. Più di quaranta dal 1921 in avanti: Racconta Tone Kralj in un’intervista: ‘…e io divenni per così dire loro e anche in seguito ho lavorato per loro. Tutte queste chiese furono decorate e dipinte senza alcuna autorizzazione e senza che neppure le autorità lo sapessero. E con mezzi limitatissimi, con la mia personale abnegazione, soprattutto   ‘.

Si potrebbe aggiungere: con il suo coraggio in una sfida pluridecennale al regime fascista e adottando – lui, pittore e artista accademico, pluripremiato alla Biennale di Venezia, encomiato dalla critica, in contatto con le correnti artistiche più avanzate del suo tempo  – un linguaggio da biblia pauperum, come lo definisce lo studioso Egon Pelikan, facendosi audace graffitaro per veicolare ai fedeli segnali di ribellione. Madonne, santi, angeli e martiri ammantati nei colori sloveni, aguzzini e torturatori con il fascio littorio e il braccio teso nel saluto romano, figure diaboliche dal volto di Hitler, Mussolini, D’Annunzio.

Malgrado ciò, negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, dopo alcuni tentativi di screditarlo, fu del tutto ignorato; l’appartenenza al gruppo cristiano sociale del Litorale, la sua posizione anti-collaborazionista, favorevole all’annessione del Litorale alla Jugoslavia ma contraria a ogni regime totalitario di qualsiasi colore, facevano di lui un fenomeno troppo complesso per le semplicistiche schematizzazioni ideologiche dell’epoca. Il significato del suo operare e il valore della sua arte furono gradualmente riconosciuti, nel 1971 gli fu attribuito il Premio Prešeren e la critica tornò a occuparsi di lui. Troppo tardi per bilanciare l’amarezza del prolungato silenzio anche di quegli storici e critici dell’arte che gli avevano in precedenza tributato pagine elogiative.

Il Diavolo con la testa del Duce

Correva l’anno 1934, fascismo e nazismo ai massimi storici di gradimento; chiuse le associazioni culturali slovene del Litorale, vietato anche in chiesa lo sloveno, in prigione e al confino molti abitanti del Litorale. Fu allora che il sacerdote Jože Abram[1], parroco del borgo di Pevma/Piuma, nell’attuale periferia occidentale di Gorizia, invitò il poliedrico artista espressionista Tone Kralj a stare da lui e gli affidò l’incarico di dipingere la chiesa di San Silvestro, distrutta nella Prima guerra mondiale e appena ricostruita.

Sul lato destro del presbiterio Kralj dipinse il martirio dei primi cristiani gettati ai leoni con i loro figli; non ebbero difficoltà gli abitanti del luogo a riconoscersi nella rappresentazione delle loro sofferenze sotto il fascismo. Di fronte, sul lato sinistro, un grande dipinto con San Michele Arcangelo che pianta una lunga croce affilata nel dorso muscoloso di un demonio aggrappato con gli unghioni alla Terra. Il demonio è capovolto, se lo si rovescia – nonostante le orecchie e le corna – il volto stilizzato è quello di Benito Mussolini.

Foto Iztok Ilich, Prebodeni hudič Toneta Kralja– https://www.slovenskenovice.si/novice/slovenija/kralj-z-nadangelom-prebodel-mussolinija/)   

[1] Jože Abram, noto alpinista, scrittore, drammaturgo, traduttore (tra l’altro di Taras Shevchenko, poeta nazionale ucraino).