Patrizia Raveggi - Why God no kill the Devil?

Patrizia Raveggi – Why God no kill the Devil?

Satana, condannato a una condizione di vagabondo, di girovago, di nomade, non ha una dimora sicura; pur avendo, infatti, come conseguenza della sua natura angelica, una sorta d‘impegno sulla distesa liquida o sull’aria, fa tuttavia parte del castigo il suo essere…privo di un luogo, o di uno spazio, fisso su cui gli sia concesso posare la pianta del piede

Daniel Defoe, The history of the Devil, citata nella Dedica di Versi Satanici di Salman Rushdie.

Se Friday nella sua ingenuità di selvaggio catecumeno può chiedere al suo Master Robinson If God much strong[…]why God no kill the Devil, so make him no more do wicked? , il suo creatore Defoe risente questa domanda come un dubbio che colpisce al centro il paradosso della teologia cristiana – la coesistenza di un Dio onnipotente con un Diavolo forse meno potente ma comunque invadente e intrigante – ; credere in Dio e credere nel Diavolo per Defoe è comunque questione di fede. E lui nel Diavolo ci credeva e – in mancanza di prove teologiche convincenti – cercava di dimostrarne l’esistenza rappresentando personaggi a più riprese sconfitti nella continua lotta contro le tentazioni del male (cfr Roxana, the fortunate mistress).

Tartini e il trillo del Diavolo

Il diavolo vagabondo senza fissa dimora di Defoe affiora in una infinita serie di opere (musicali, letterarie, cinematografiche, teatrali, figurative…), Baudelaire gli eleva litanie (Les litanies de Satan) ininterrotta fonte di ispirazione musicale fino ai black metal dei giorni nostri; emana odore di zolfo nel letto di Rosemary; informa di sé la Carrie protagonista del primo romanzo horror di Stephen King (il film tratto dal romanzo per la regia di Brian de Palma, nella versione italiana, tanto per non lasciare nell’incertezza lo spettatore, viene intitolato: Carrie. Lo sguardo di Satana) e trova pieno e legale riconoscimento nell’ultimo prodotto della lunga serie The conjuring (L’Evocazione): The devil made me do it, [regia di Michael Chaves – 2021, titolo italiano Per ordine del diavolo ]: l’assassino – che ha ferocemente trucidato il proprio padrone di casa – viene scagionato e assolto: non è colpa sua, era posseduto dal demonio.

Ma non sarà che a questo arcinemico causa di ogni male e in grado di farci commettere crimini efferati attribuiamo poi le fattezze di coloro che sono sentiti come ostili e pericolosi, che sembrano minacciare e fanno paura,  e sui quali si vuol far ricadere ogni colpa? Trasformandoli in esseri infernali, (l’enfer c’est les autres) perché non sappiamo sostenere il loro sguardo su di noi?

Giunge ad analoga conclusione lo studioso Gerard Messadié che al diavolo dedica un’analisi appassionata attraverso culture e civiltà: il concetto di un Male assoluto, nemico supremo del Bene risale al dualismo zoroastriano del VI a.C : inventato da quel clero per rafforzare il proprio potere, economico, politico e sociale. E su analoga linea fu in seguito utilizzato dalla gerarchia ecclesiastica  del cristianesimo. Non è il diavolo a manipolare gli uomini, ma gli uomini a manipolare il diavolo servendosi del suo spauracchio per riconoscerlo nei propri nemici e promuovere odio.

Dio non mi vede, Dio non mi sente, Dio non mi conosce. Vedi quel vuoto sulle nostre teste? è Dio. Vedi quella breccia sulla porta? è Dio. Quel buco nella terra? è Dio. Il silenzio è Dio. L’assenza è Dio. Dio è la solitudine degli uomini. Non c’ero che io: solo a decidere il Male, solo a inventare il Bene. Io ho barato, io ho fatto i miracoli, sono io oggi ad accusarmi, io solo a potermi assolvere; io, l’uomo.

“Dio non esiste” ripete Goetz  – lo spietato condottiero mercenario personaggio principale de Il Diavolo e il buon Dio -, lui, Goetz, come ognuno, non deve rispondere di sé che agli altri uomini.

Ma se Dio non esiste, se il Diavolo non esiste, come si sfugge agli uomini?

Patrizia Raveggi