Vincenzo Trama - Buio padre - di Michele Vaccari

Vincenzo Trama – Buio padre – di Michele Vaccari

Michele Vaccari

Buio padre

Marsilio – 384 pagine – Euro 18

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Michele Vaccari ha scritto un bel po’ di cose, tutte tutte molto dense e avvelenate.

Il suo primo libro che mi capitò tra le mani fu Giovani, nazisti e disoccupati  per Castelvecchi ed era davvero un esempio di come fare narrativa cattiva, sudicia e senza ammiccamenti. Quel libro mi è stato da pilastro per diverso tempo, assieme ad altri due/tre titoli che mi indicavano un modello a cui volevo giungere anch’io, lavorando di cesello per ottenere una sintesi lucida e spietata in un contesto narrativo di profonda attualità, capace di leggere il presente senza stingerlo in lavaggi per capi ultradelicati. 

Dopo uscite per Frassinelli e Rizzoli Vaccari è ritornato in libreria due anni fa con i tipi di NN, pubblicando Urla sempre, primavera. Trovare un modo per descrivere questo romanzo è impossibile: immaginate una saga alla Winshaw ma con mitragliate orwelliane immerse in acido lisergico e brandelli di Urania. Ecco, nemmeno così riuscirete ad avvicinarvi al portato dell’universo libro concepito dall’autore.

E ora, 2023, ecco Buio padre per i tipi di Marisilio. Solo all’inizio c’è un preludio di normalità; ci troviamo nel ridente paesino di Crinale, borgo arroccato in Val Graveglia, dove il tempo sembra essersi fermato con orgoglio e ostinazione fra boschi, antichi mestieri e speranze perdute. Non è raro perciò che nuclei famigliari scendano giù in città, spesso per motivi di lavoro; è quanto accade a Vinicio, uno dei pochi ragazzi del paese, la cui partenza è alle porte. I suoi tre più cari amici stanno organizzando una festa a sorpresa in una chiesa sconsacrata nei pressi di una località abbandonata chiamata Pieve del Diavolo, ed è così che facciamo la conoscenza di Dafne, una dark lardy col padre becchino, Adamo, che ama disperatamente Vinicio, e il loro “capo”, Raul, l’unico a non essere autoctono – e che proprio per questo ci tiene a regalare a Vinicio un addio come si deve – .

Durante la festa piomba però un alluvione che sconvolge la vita della comunità, non già per la misura del disastro in sé, con un fiume di fango che vien giù dalla montagna scrostata di Montebuio, nell’altro versante del paese, quanto per ciò che viene a galla proprio a seguito della tempesta, e che era rimasto sepolto per tempo lunghissimo, senza però mai morire veramente.

E da qui in avanti, con i primi “mutamenti” degli adulti, si apre una porta narrativa – ma anche due, se non tre – che arriva a incastrarsi con la storia principale e che vede i protagonisti del romanzo invischiati in folli incursioni da un lontano passato hippie, una minaccia aliena e una lotta sindacale oltretombale, il tutto con il ghigno del Diavolo alle spalle, per aumentare ogni percezione di straniamento dalla realtà. Ma il bello di questo libro è che si rimane avvinghiata ad essa proprio per il fondo del tragico che è impresso nelle vicende dei quattro giovani: emarginati, disillusi, spesso comici nelle fragilità di cui si ride anche in mezzo al pericolo costante della morte. La bravura di Vaccari è proprio nell’essere così lucidamente dalla parte dei ragazzi, come una sorta di spirito guida sembra condurli al bandolo di una matassa di cui annida fino a quasi strozzarli –  noi compresi – . 

Ho amato molto l’anima inchiostrata di Death, Vinnie, Raul e Adamo. Non sono caricature, ma adolescenti in carne e ossa che Vaccari ha saputo cucire nella carta, cosa che in pochissimi sanno fare. Vinnie e gli altri parlano, agiscono e si relazionano come ti aspetti che facciano i ragazzi del 2023, senza uno slang vuoto e ricopiato da Wikipedia o con atteggiamenti cartonati privi di coerenza.

In Buio padre sono forti i rimandi a opere come Il corpo di King o la più recente serie Stranger Things, senza poi andare a scomodare un altro classico come i Goonies. Ma in realtà il riferimento più grande, per l’atmosfera a volte greve e cupa, altre volte onirica se non proprio surreale, io l’ho visto con Il popolo dell’autunno di Bradbury; in Buio padre il rispecchiamento del ruolo adulto/fanciullo è così tante volte richiamato, sia in senso sovrannaturale ma anche nelle pieghe delle vicende “terrene”, in particolar modo di Dafne e Adamo, che mi è sembrato di rileggere il rapporto complesso e struggente di Charles e Will, quel continuo scrutarsi nella storia gotica che scoinvolge la tranquillità di Green Town durante la notte di Halloween. Ma forse la cosa che annichilisce di più è proprio questa tensione all’età adulta, questo imbuto nel quale i quattro stanno per infilarsi, avendo come riferimento storie solo di misero fallimento, peraltro in casa.
Una lettura che spiazza, diverte e fa pensare, riuscendo a essere godibile per tutti i palati che troveranno in Buio padre un sacco di spunti e riflessioni rispetto a tanta narrativa nostrana. Il che, quando si tratta di intrattenimento, non guasta: il difficile – e quindi la bravura dello scrittore – sta proprio in questo.

Vincenzo Trama