Vincenzo Trama - Ma che velocità!

Vincenzo Trama – Ma che velocità!

Un po’ di tempo fa così scrivevo delle vicine vacanze estive per un gruppuscolo di liceali che mi aveva ispirato nei pressi di una Piazza; fine giugno, gavettoni e tanti ricordi, ovvia e lugubre nostalgia.

Estate!

L’unico luogo in cui sarà consentito lo sforzo fisico e cerebrale sarà la camera da letto nel momento dell’alzata; per il resto qualsiasi altro tentativo di attività si abbatterà a colpi di gelato, televisione e internet.

Vostro padre vi rimprovererà del fatto che non farete niente. Confermate e sostenete di farlo il più a lungo possibile.

Non cedete alle suppliche di vostra madre; si presenterà con un semplice panno da mensola, ma se acconsentirete ad aiutarla dovrete vestire i panni della massaia per tutta l’estate: il mocho sarà il vostro unico confidente e finirete per usare il cif come lacca per i capelli.

Estate!

Non temerete la siccità o il bordello notturno né l’afa incessante d’agosto. Per voi l’estate sarà un unicuum esclusivo, fiorellino di campo alcolico mentre il resto del volgo bestemmierà, in ordine puramente casuale, la siccità, il bordello notturno o l’afa incessante di agosto.

Estate!

Godetevi la libertà del refolo di vento, la brezza marina che solletica i vostri umidi amori, il gusto della notte che non finisce mai, pure quello schifo di tormentone estivo che vi propinano, ma approfittate del tempo libero per cercare di capire cosa piace veramente a voi. Siate insonni e felici, sudate cuori infranti, storditevi di risate fino a quando i vicini non batteranno il pugno contro i muri o il vostro capo.

Insomma fate quel che vi pare, ma fatelo in fretta.

La vita non vi aspetta ma soprattutto settembre è già dietro l’angolo.

Ora, detta così sembra che la scuola sia un carcere in scala 1 a 10 di Alcatraz, modello Classe 1999 (mai visto? Male. Guardatevi il trailer e cercate la versione con il vecchio doppiaggio; la nuova è atroce, il dodicenne Angel ha la voce di un quarantenne tabagista con problemi ormonali).

TRAILER CLASSE 1999

Però nel frattempo cos’è successo? Che tutto quello che era scontato oggi non lo è più. Persino le vacanze sono scivolate via senza troppi entusiasmi, con discoteche chiuse, influencer impazzite e coriandoli di virus fra i negazionisti pallonari a fare sorde vacanze sarde.

E la scuola? L’abbiamo lasciata indietro? Ma come, ancora di più di così è POSSIBILE? Oh sì. Da febbraio a settembre gli interventi strutturali del governo sono stati pari a quello dello studente che guarda fuori dalla finestra: NON SI APPLICA.

Ma com’è? La scuola è davvero diventato un riempitivo negli ingranaggi burocratici di un sistema impegnato solo a fare profitto? È così difficile pensare di investire strutturalmente in un’Istituzione che ha nell’Italia un primato storico, nonostante i tentativi di smantellarla nei suoi cardini, con scientificità e metodo sin dai primi governi Berlusconi?

Se per i ragazzi la visione di un film come CLASSE 1999 è consigliato allora propongo per tutti gli altri THE DETACHED, pellicola capolavoro con Adrien Brody, che illustra il mondo della scuola – e non solo – dal punto di vista dell’insegnante. Guardarlo oggi come oggi è quasi un atto dovuto perché è necessaria una riflessione seria su cosa significhi educare ponendosi dall’altra parte della barricata.

TRAILER THE DETACHED (Il distacco)

Manca, manca tutto della scuola. Manca il suo ricordo quando l’hai finita, che così bene cantavano i Matrioska con MA CHE VELOCITA’. Chi finiva le superiori come me al calar degli anni ’90, in un tripudio caleidoscopico di Brandon Lee, pantaloni XXL e contaminazioni dal nu metal allo ska non può non essersi imbattuto in questa canzone che di certo ha fatto intridere di lacrime più di un cuscino. Parla della fretta con cui gli anni della scuola scivolano via, lasciandoci con l’amaro in bocca non appena scopriamo che la baldanzosa ingenuità con cui affrontavamo il mondo altro non era che percepirsi gruppo, un unico ammasso di quaderni spaginati, versioni copiate, braccia incrociate sui banchi, prime sigarette in giardino. Scoprirsi soli quando chiude l’ultimo cancello è uno dei ricordi più spaventosi che ho. Voi no?

Di certo deve averlo pensato anche uno scrittore e un giornalista importante come Errico Buonanno tanto che ha fatto un vero e proprio sceneggiato, filmando il suo ultimo anno di scuola e montandolo in età adulta, regalandoci uno spaccato di vita in video che, per anni in cui spadroneggiava ancora il Pentium II era una cosa da fantascienza, altro che gli youtuber di ora.

I RAGAZZI DEGLI ANNI ‘90

(guardate tutti gli episodi perché meritano e vi dicono cos’erano in modo autentico gli anni ’90, ma anche e soprattutto cos’è la scuola per un ragazzo di ogni generazione).

Ti manca quasi anche Cuore di Edmondo De Amicis!

Da sempre additato come pastone melenso e moralista, ha dalla sua una visione sì arcaica della scuola – con quel tantinello di nazionalismo caro ai nuovi fascismi – ma di certo molto più veritiera, sana e coerente con una società che all’epoca stava saldandosi attorno a dei pilastri, fra cui c’era appunto anche quello dell’Istruzione. Oggi invece sulla stessa si sputa, la si snatura da una legislazione all’altra, addirittura la si ridicolizza. Allora avresti voglia di trovarti di fronte a un maestro Perboni, chiedendoti oggi cosa farebbe: forse si licenzierebbe, o starebbe dalla parte di Franti. Più facile vederlo diventare pazzo, o venire picchiato da genitori, o ripreso da cellulari mentre perde la pazienza: sì, quasi mi manca anche Cuore di De Amicis!

Ma sul senso della scuola è molto più illuminante Diaro di Scuola di Daniel Pennac.

È un libro che indica idealmente alla classe insegnante come assolvere al meglio il proprio difficilissimo compito. Lo fa attraverso i ricordi e le esperienze del grande scrittore francese, professore a sua volta, che da ex allievo scapestrato e soggetto a disturbi di dislessia, riferisce di terribili metodi educativi, insormontabili ostacoli didattici, ma pure di quella bruciante passione per le lettere che nasce proprio per mezzo di quegli irriducibili insegnanti che non si sono arresi di fronte agli insuccessi del futuro scrittore più letto di tutta la Francia. Sono proprio quei capitani coraggiosi a ispirare Pennac e a spingerlo a sua volta a gettarsi nella fanghiglia melmosa della scuola pubblica. Insegnare in un liceo pubblico parigino non è la stessa cosa che farlo a Milano o a Roma; lo sa bene Pennac che racconta di delinquenti spinti a forza nella sua aula, di ex studenti scippatori che lo risparmiano solo riconoscendolo, di banlieu gonfie come ventri putridi di criminali in erba e futuribili ergastolani. A corollario di ciò, però, l’irrinunciabile missione dell’insegnante: quel lasciare il segno che è etimologicamente scritto nel DNA professionale di chi scegli di fare questo mestiere.

Un altro libro che parla, anche se solo in parte di scuola, è Skippy muore di Paul Murray, ISBN Edizioni. Si parte paradossalmente dalla morte del protagonista, quello Skippy che già dal titolo sappiamo che fine fa. Eppure per tutta la durata del voluminoso testo (quasi 1000 pagine) sei lì che cerchi di convincerti che invece una scappatoia narrativa ci sarà, che alla fine Murray ti cala un asso di switch che altro che Sliding doors. E invece niente, devi arrenderti anche tu, come fa Ruprecht, il miglior amico di Skippy, che lui è davvero morto. O forse no.

E la scuola? direte voi. La scuola è tutta lì, attorno a loro.

Siamo a Dublino, nel college di Seabrook. Ruprecht e Skippy sono due amici legati dalla comune goffaggine: il primo però è un genio destinato a essere il bersaglio facile dei bulli della scuola, il secondo invece attraversa un rapporto conflittuale con la vita per motivi che vi invito a scoprire da soli. Nello scorrere au rebours del romanzo spuntano come funghi i personaggi che coabitano l’ambiente narrativo di Skippy e Ruprecht: Geoff, Mario, il professor Howard, Lola, di cui Skippy è perdutamente innamorato e tanti altri piccoli e grandi comprimari che schizzano come meteore nell’adolescenza sempre troppo veloce dei protagonisti. Ovviamente la morte del giovane ragazzo sconvolge la tranquilla vita di Seabrook e negli interstizi dello scorrere scolastico cambia qualcosa in tutti i personaggi, con il gran finale dove Ruprecht…vabbè, se volete sapere che fa Ruprecht leggetevelo da soli.

Si potrebbe andare avanti all’infinito tra film, canzoni, libri, un mondo immenso che parla di, per, con la Scuola, riconoscendone un valore formativo unico e imprescindibile.

Ricordiamocelo però, facciamolo spesso e con cognizione di causa: non sarà un monitor a darci indietro il calore di un’aula, un abbraccio, un rimprovero, un’interrogazione saltata per caso, un bacio furtivo, una conversazione inaspettata, un ritardo del mezzo, una lite furibonda, uno sciopero, un’okkupazione, una bocciatura, una risata squillante, un registro sbattuto, un corto circuito, una sigaretta nei bagni, uno sguardo nuovo, uno zaino rotto, un nuovo compagno, una prof supplente, una campanella che non suona, una fidanzata senza trucco, un motorino con il trucco, l’uscita caotica, la frenesia di un primo giorno che non dimenticherai mai…

V.Trama