Gabriele Galloni - Sulla riva dei corpi e delle anime

Gabriele Galloni – Sulla riva dei corpi e delle anime

Gabriele Galloni
Sulla riva dei corpi e delle anime
Crocetti Editore – Euro 18 – Pag. 230

Gabriele Galloni (1995 – 2020) è un giovane poeta romano scomparso prematuramente che ho scoperto con il compiuto e felicemente risolto L’estate del mondo (Marco Saya, 2019), pubblicato nella collana diretta da Antonio Bux (Sottotraccia numero 11), un altro poeta interessante. Galloni debutta con Slittamenti (2017), introdotto da Antonio Veneziani, seguito da In che luce cadranno (2018) e Creatura breve (2018), concludendo l’impegno poetico con il postumo La luna sulle case popolari (2021). Sulla riva dei corpi e delle anime è la raccolta definitiva, edita da Crocetti, introdotta da una forbita nota critica di Alessandro Mascè, una selezione accurata di testi tratti dai precedenti lavori. Galloni è poeta dai toni crepuscolari, dotato di uno stile epigrammatico che ricorda il miglior Sandro Penna e di un verso scarno ma rigoroso per metrica e musicalità. L’estate del mondo è il suo lavoro più maturo – come scrive Antonio Bux – per la felice fusione tra elegia e canto piano, con l’estate che diventa simbolo della vanità del tutto, mentre in primo piano stanno la caducità delle cose, del tempo, della vita, del mondo stesso. Galloni ci fa partecipi senza distacco di tante emozioni, comunica al lettore i sogni perduti, un modo lirico di vivere una vita fragile e incerta. La raccolta è suddivisa in tre sillogi unitarie, quasi tre capitoli di una stessa storia, che non si differenziano per contenuto, forma e temi: L’estate del mondo, Vista spiaggia, Conclusione della passeggiata. Le composizioni sono molto brevi, di facile comprensione, portano in un paesaggio marino alla periferia di Roma, molto pasoliniano, inducono a pensare al senso di una caduca esistenza tra luna, cielo e scheletrici pini marittimi. Una passeggiata sulla spiaggia, come un rapido susseguirsi di giorni che sfuggono di mano. Leggiamo qualche poesia tratta da L’estate del mondo.

***

Nel parcheggio del centro commerciale
mi parlasti di certi
giorni d’isole; giorni dall’uguale
passo dal mare misurati interi.
Mi raccontasti poi di come aperti
all’onda i cieli aprissero sentieri
mai apparsi prima, neanche agli occhi esperti
dei residenti che alla roccia e al sale
erano familiari.

***

Luna di luglio: dalla tua finestra
scoperta di sfuggita sopra il mare.

Per poco, ma l’abbiamo fatta nostra
pensando fosse un fondo di bicchiere.

Luna di mare, ciotole di legno
in fila tutte lungo il davanzale.

Il cielo non si asciuga – intanto
la marea sale.

***

Abbiamo superato Fiumicino
e tu hai fatto, ricordo, una battuta
su tutto ciò che era passato in questa
vita senza per noi lasciare traccia.

E poi hai indicato il fumo che saliva
dal mare. Tutte le strade erano bloccate
e noi già pensavamo ad altro; a quello
che tutti quanti pensano d’estate.

****

Il mare non ci apparve che al mattino;
lungamente cercato
tra la tastiera del letto e il cuscino;
nello spazio tra il materasso e il muro.

***

Sarò per te un bambino. Uno di quelli senza
storia che hai già incontrato sulle spiagge
della tua infanzia, un veloce compagno
di gioco. Il tempo di una
buca, di un sacrificio d’acqua; il tempo
di un castello che il vento e l’onda abbattono.

Ricorderemo. Non è stato il nostro
tempo. Che cosa importa: abbiamo ancora
mani per intrecciare fili d’erba
secchi o per implorare, da ubriachi,
   che il vento asciughi una ad una le stesse
appena emerse dal mare;
                                      siamo giovani
e due corpi portiamo ancora simili.

Ho letto di Galloni anche le brevi plaquette Creatura breve e Bestiario dei giorni di festa, due lavori interessanti per inquadrare l’autore in un mondo ben delimitato, tra mare e periferia romana, per capire meglio il male di vivere tra cose perdute e il desiderio di rendersi terra fertile senza morire, di vivere senza soluzione. Infine mi sono andato a cercare il postumo La luna sulle case popolari, sottotitolo emblematico Poesie e prose sui luoghi dell’anima, con tutti gli scritti giovanili vergati quasi di getto tra il 2011 e il 2014, post adolescenziali (16 – 19 anni), in certi casi (soprattutto nella poesia) maturi e compiuti. La narrativa breve, gli spezzoni di romanzi, i racconti metaforici ricordano il Pasolini più giovane, sembra di rileggere le bozze di Una vita violenta e Ragazzi di vita nei passaggi più romantici, molto pascoliani e deamicisiani. Galloni affonda la penna nella periferia romana, il Trullo, ritratto di se stesso e delle sue angosce, dei primi amori, una sorta di terra mitologica, fuori dal tempo, un mondo di palazzi e campi dove coltivare illusioni e sogni, dove affrontare l’ambiguità e l’incertezza, secondo la lezione del Pilade di Pasolini. Tutto comincia con l’estate al quartiere Trullo, periferia di Roma, cuore nevralgico del mondo di un poeta, appena fuori dalla Magliana Vecchia, superata Muratella e lasciato Ponte Galeria, quando si apre un orizzonte di pini marittimi e vallate, di colline che annunciano il mare, un luogo crepuscolare in piena sintonia con la poesia di Gabriele, un misto di salsedine e di colori intensi che da lontano lascia intuire Fiumicino. Il Trullo, frontiera di Roma e di un mondo dove il poeta fa muovere personaggi come se fossero ritratti evanescenti, ingenui ma profondi, simbolici e realistici, luogo ideale per un tentativo di romanzo del quale non sono rimasti che poveri frammenti. Via Ventimiglia e una parrocchia, un oratorio dove sembra di vedere ragazzini giocare a calcio, quel colore giallo chiaro delle case popolari e il grigio delle strade sterrate, la collina di Montecucco, la piazza che pare fatta per ballare e sentire musica, il bar del quartiere dove nascono gli amori che fanno vivere un’estate infinita durante la quale non è possibile essere infelici. Adele Costanzo ha operato una scelta accurata dei testi, alternando brevi prose a testi poetici (la cosa migliore della raccolta), così come il libro gode della colta introduzione di Roberto Renna e di una nota affettuosa (e profonda) del grande Antonio Veneziani. Leggiamo alcune poesie e prose.

Il vento fra i rami sottili

Il vento fra i rami sottili
d’autunno non lascia speranze.
Un fruscio continuo e la notte
discende pian piano, pian piano …
Si spegne la luce. I cortili
di via Ventimiglia son vuoti.
Un qualche geranio, le rotte
canzoni a singhiozzi, lontano.

Un brano estrapolato da Visione, vera e propria prosa poetica …

Mi sdraiai sull’erba umida di rugiada, con la luna proprio sopra, davanti ai miei occhi. C’erano le case popolari, riflesse nelle pianure celesti, simili a tanti blocchi d’argilla tumefatta; c’era via Ventimiglia che più non era via Ventimiglia, ma un piccolo sentiero disperso nella notte, illuminato da minuscoli lampioncini di vetro. C’era Fiumicino, il lungomare, l’autostrada: tutto riflesso in una pozza d’acqua argentea, livida. C’erano le stradine di campagna, costeggiate da campi di grano umidi di pioggia. C’era la collina, simile a un seno reciso di vergine e ricoperto d’erbaccia come una vecchia tomba. E c’ero io: con gli occhi mezzo chiusi dal sonno e il respiro affranto.

Un altro tratto da L’ultima partenza, dal sapore profondamente pasoliniano …

I giardinetti delle case popolari dormivano il sonno dei panni stesi ad asciugare e dei vecchi palloni di cuoio lasciati in giro per comodità. I due giovani rimasero in silenzio per una decina di minuti, tanto era dolce per loro il silenzio vellutato della notte. Ognuno ascoltava il respiro dell’altro confondersi con il proprio. Sandro respirava velocemente, come più si confà a un oratore; Claudio aveva il respiro placido di un Endimione che attende la sua luna. E la luna era lì, alta nel cielo. L’ostia perenne portata in processione dagli angeli e dai cherubini innamorati.

Un bianco pomeriggio senza vento

Un bianco pomeriggio senza vento,
noi ce ne andiamo soli per la strada,
lì dove l’erba al passo si dirada
in chiazze sparse. Il cielo un poco spento

si unisce al mare, quasi, da lontano.
In mezzo ai giunchi il fruscio calmo, lento
del fiumiciattolo, quasi d’argento,
visto nel sole dell’Agro romano.

Stanchezze dell’addio, del ritornare
sempre sui nostri piedi un poco stanchi
verso altri lidi forse più lontani.

Cerco nel sogno le tue stanche mani,
e la dolcezza pallida dei fianchi:
il sangue malinconico del mare …

Buon ultimo arriva Crocetti con Sulla riva dei corpi e delle anime, una sorta di Meridiano che non contiene l’opera omnia ma una selezione delle migliori liriche prodotte da un giovane poeta così dotato, vicino alla poesia onesta di Saba, affascinato dal verso breve di Penna, intenso come il miglior Dario Bellezza, che si spinge a sperimentare persino la quartina e la terzina a rima baciata, che parla d’amore e morte con grande leggerezza.

Il cortile delle vacanze estive

Rivedo il vecchio cortile dormiente
Dove l’erba è cresciuta a poco a poco;
Dove rimane il suono vago, fioco
Del nostro primo bacio adolescente.

Vicino è il mare, eppure non si sente
Che a tratti, fra le mura soffocate,
Giungere il suono delle onde. L’estate
Dipinge il cielo d’un colore assente.

Mi guardo intorno. Quanta nostalgia
Sui muri consumati, sul cancello
Adesso arrugginito e cigolante?

Si chiude appena. Un fruscio tremolante
Sfugge alla vista: il vecchio campanello
Che trema al buio? La malinconia?

Nella doverosa raccolta di Crocetti – il nostro miglior editore di Poesia – ho recuperato Slittamenti e In che luce cadranno, apprezzando tra le cose migliori un dialogo epigrammatico con la morte, i riferimenti alla borgata, al mare, ai sogni destinati a morire non colti, alle spiagge romane, al sole che brucia le strade. La differenza tra i vivi e i morti sta nel modo di porsi all’attenzione del mondo in una poesia sepolcrale che rende i defunti vitali ed espressivi, in un dialogo ininterrotto tra due diversi modi di esistere. In certe pagine evocative mi è tornata alla memoria La tovaglia di Pascoli che vede i morti riuniti al desco notturno quando si lasciano briciole di pane non raccolte in tavola. I morti nelle liriche di Galloni portano tutta la loro esperienza ai vivi, sognano, ascoltano musica, hanno gli stessi vizi di chi si trova ancora a condurre un’esistenza terrena. Creatura breve mi ha portato, invece, a percorrere una galleria di ritratti dissacranti, con brevi poesie scritte con identico stile, flash e sensazioni, ritratti di persone, panoramiche di brevi istanti, con temi di fondo compresi nella trilogia estate, mare e amore. L’estate del mondo lo dobbiamo a un editore – poeta come Marco Saya che stimo da sempre, ed è come già detto la summa poetica del lavoro giovanile, il lavoro che mette al centro della vita i giorni di sole al centro commerciale e i libri dei poeti scovati nelle biblioteche sotto il mare, i confini d’un mondo che va dalla Magliana Vecchia alla mia stanza, la luna che illumina le case di via Ventimiglia, il centro della lirica d’un giovane poeta. Un libro meno epigrammatico, meno ermetico, espresso in una poesia – racconto che ricorda a tratti Pavese, localizzabile tra spiaggia e borgata. I pini, la spiaggia, la luna, il lungomare di Ostia e il litorale di Fiumicino sono il centro vitale d’un mondo piccolo, drammatico e intenso, che racchiude giochi e ricordi d’infanzia perduta, vite di padri bambini che seppelliscono orecchini di antiche fidanzate. Sono le spiagge della tua infanzia, luoghi indimenticabili dove sei cresciuto, borgate dove i cavi elettrici sembrano scie di cometa.  Lo stile ricorda le quartine pascoliane, musicali e dolenti, arricchite da frequenti enjambement.

I ragazzi alla spiaggia di Focene,
insieme incontro all’onda sonnolenta
che ritornando bagna loro il fianco
adolescente. È questa vita, lenta,

la sua illusione qui della durata
eterna. Quando ciò che resta è il bianco
della parete a fine di giornata;
Il mese placido, tempo che viene,

i ragazzi alla spiaggia di Focene.

La luna sulla case popolari, solo la parte poetica, è il capitolo finale d’un piccolo capolavoro d’autore edito da Crocetti, con i cortili di via Ventimiglia e le canzoni lontane che si odono risuonare nel placido vento autunnale. La vita scorre tra campane e amore, una sorta di idillio arcadico nella borgata che si perde in un sottofondo di sole e mare, di spiagge e solitudine. Galloni ripercorre un’adolescenza passata nel quartiere in una malinconica fusione di amore e morte, tra pioggia dolente e lampioni che tremano nelle pozze d’acqua mentre la luna illumina il mondo notturno delle case popolari e la nostalgia d’un bacio adolescente diventa intensa memoria del male di vivere.

Scheda bibliografica – Gabriele Galloni è nato a Roma nel 1995, dove è morto nel 2020. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie: Slittamenti (con una nota di Antonio Veneziani, Augh Edizioni, Roma, 2017), In che luce cadranno (con una nota di Antonio Bux, RPlibri, San Giorgio del Sannio, 2018), Creatura breve (Edizioni Ensemble, Roma, 2018), L’estate del mondo (Marco Saya Edizioni, Milano, 2019) e una raccolta di racconti brevi: Sonno giapponese (Edizioni Italic Pequod, Ancona, 2019). Suoi testi sono apparsi su alcune riviste letterarie. Postume sono uscite le raccolte Bestiario dei giorni di festa (Ensemble, 2021) e La luna sulle case popolari (Chipiuneart Edizioni, 2021). Ha fondato e diretto Inverso, giornale di poesia.

Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi