Sergio Calzone - Storiacce editoriali - Psicopatie del dilettante

Sergio Calzone – Storiacce editoriali – Psicopatie del dilettante

Nel dilettantismo è il germe di un pervertimento morale.
(Hugo Von Hofmannsthal)

Caratteri generali

Enciclopedia Treccani: autoriferiménto s. m. [comp. di auto-1 e riferimento]. – 2. In psicologia, la tendenza dell’individuo a interpretare gli eventi della realtà circostante riferendoli a sé stesso, atteggiamento che, nelle manifestazioni più accentuate, è interpretabile come sintomo della paranoia.

Cartella clinica 1.

Psicopatie dell’editore dilettante

La pulsione che lo ha spinto a improvvisarsi editore è la convinzione che sia possibile, attraverso questa attività, accumulare denaro. Benché finga, arrivando anche a ingannare se stesso, è l’esclusiva meta a cui tende, accompagnandola a una totale ignoranza sia del mondo editoriale, sia, e più in generale, del mondo letterario, persino di quello para-letterario.

Pensa che il fingersi molto esigente circa le caratteristiche che deve avere un “buon libro” valga ad accreditarlo come un intenditore e come un editore raffinato. Se, poi, qualcuno, per lusingarlo, lo definisce “editore di nicchia”, raggiunge immediatamente l’orgasmo fisico.

Il naso è il suo strumento costante di lavoro: non nel senso che abbia “buon naso” per i buoni libri (non sa nemmeno che cosa siano), ma nel senso che arriccia quasi di continuo il naso di fronte alle proposte editoriali che riceve, salvo, poi, pubblicarle quasi tutte, perché “è la quantità che fa il denaro”.

Naturalmente, sceglie con uguale competenza l’editor, l’impaginatore, le immagini di copertina, la grafica e la distribuzione di tutti i libri.

L’editor, per esempio, non deve correggere gli strafalcioni grammaticali e sintattici degli autori, “per non scoraggiarli” e perché la punteggiatura, santo Iddio, è, alla fine e come tutti sanno, “una questione di gusti personali”. Peggio che mai suggerirgli di non pubblicare questo o quello per impossibilità di rendere il testo leggibile. Che si accontenti di sistemare gli errori di battuta e, per il resto, stia zitto e al suo posto!

L’impaginatore, dal canto suo, non può dare suggerimenti sensati circa il formato dei libri. Egli, l’editore dilettante, ha a suo tempo misurato con il righello le dimensioni dei libri Mondadori, Feltrinelli, Adelphi, Einaudi, Garzanti, Rizzoli, Sellerio, ne ha fatto la media matematica e quello deve essere il formato, in quanto il migliore dei formati possibili.

Le immagini di copertina possono, certo, essere fornite dagli autori (si risparmia denaro!) ma è necessario che siano a colori vividi, qualche malalingua li direbbe, questi colori, chiassosi, poiché egli sa che soltanto in questo modo possono spiccare in mezzo agli altri, anonimi.

La grafica segue lo stesso principio: deve essere estrosa, con scritte che attirino lo sguardo, senza che sia così necessario occuparsi di ciò che dicono.

La distribuzione non c’è: costa troppo ed è inutile nell’era di Internet, in cui chiunque può acquistare on-line, che diamine!

L’autore è un oggetto, da utilizzare come tale, cioè come fornitore di reddito. Considerandoli in tal modo, non prova particolare interesse alla persona di lui o di lei. Ma, attenzione: nelle sue mails si mostra carismatico e affascinante, promettendo onore e gloria a chi si affida alle proprie edizioni.

In ultimo, gli eventuali soci. Soci? Divisione degli utili? Vogliamo pazziare? I soci sono fatti per essere ingannati, esclusi, elusi, emarginati, qualche essere polemico potrebbe magari dire “truffati”! Un poco di logica: se faccio l’editore per accumulare denaro, vi è una ragion sufficiente perché spartisca questo denaro con chi, magari, mi ha dato due dritte su come muovermi, all’inizio, per non fare la figura del pirla? Via! I soci non pretendano l’impossibile e, se invece lo pretendono, se ne vadano: pussa via, essere molesto e importuno, ché, ormai, son convinto di aver imparato tutto ciò che potevi darmi e, dunque, a che cosa servi, ora, se non ad avanzare pretese assurde?

Cartella clinica 2.

Psicopatie dello scrittore dilettante

Si presenta come “scrittore”, visto che, in effetti, ha pur scritto! Avverte l’evidente ossimoro dell’espressione “scrittore esordiente”? È molto dubbio, poiché ignora bellamente che un scrittore è tale per riconoscimento altrui e non per autoriferimento (cfr. Caratteri generali). Inoltre, non ha la più pallida idea di che cosa sia un ossimoro, benché sappia quasi di certo che esiste qualcosa che si chiama metafora, benché ritenga che sia una forma metrica ormai obsoleta.

La sua domanda più frequente è: “In quante migliaia di copie intende stampare il mio libro?” Pensa infatti che, come ben scrive la psicologa Marilena Cremaschini, “la mania di grandezza è quindi il principale meccanismo di difesa attuato da chi soffre del Disturbo Narcisistico della Personalità; in altre parole, chi assume un atteggiamento megalomane lo fa per trasformarsi in un individuo padrone di se stesso e non eterna vittima della società”. E quale maggiore appagamento narcisistico della gloria letteraria, meglio se accompagnata da ricchi diritti d’autore?

Poiché gli psicopatici vedono gli altri come oggetti, da usare al bisogno, l’editore non è altro che uno strumento per raggiungere la fama e, dunque, lo scrittore dilettante lo tratta con giusta diffidenza, chiedendo postille vincolanti al contratto propostogli, verificando su ogni portale di vendite on-line se il libro sia in catalogo, chiedendo a un amico di ordinarne una copia per accertarsi che venga davvero consegnata, sollecitando anche in modo pressante una martellante attività di promozione, senza tenere in alcun conto le diversità di dimensioni tra, poniamo, Mondadori e le Edizionimavalà che lo hanno finalmente e disgraziatamente pubblicato.

Non ha paura delle riserve sulla sua competenza sintattica o grammaticale, semplicemente perché, considerandosi depositario di una sorta di verità rivelata, pensa sia inconcepibile che qualcuno possa essere migliore di lui e che egli sia, dunque, nella necessità di correggersi e, tanto meno, di essere corretto.

Attraversa, nelle sue relazioni con la casa editrice, le tre fasi tipiche dello psicopatico: idealizzazione (in cui manifesta un’esagerata stima per il “marchio”, soltanto per il marchio), svalutazione (nessuno è in effetti in grado di essere all’altezza delle sue aspettative), scarto (dopo avere ricavato il possibile che, comunque, ai suoi occhi è sempre troppo poco a confronto del suo merito, avvia una campagna di discredito, utilizzando blog che sembrano creati apposta per quello). Come ben è stato scritto in vari studi, gli psicopatici non mostrano alcuna preoccupazione riguardo gli effetti che le loro cattive azioni possono avere sugli altri. Compresa, ben inteso, quella di mettere al mondo pessimi libri per pessimi lettori.

Sergio Calzone