Patrice Avella - Da Livorno a Montparnasse, la vita dell’artista soprannominato M le Maudit

Patrice Avella – Da Livorno a Montparnasse, la vita dell’artista soprannominato M le Maudit

Estratto del libro delle Edizioni Il Foglio Letterario:

Modigliani, l’amore & Paris”

«Da Livorno a Montparnasse, la vita dell’artista soprannominato M le Maudit».

Modigliani, la sua storia comincia e

finisce con lui come la sua pittura.

Ce ne sono stati tanti prima: con più genio, con più sapienza, con più resistenza, con più speranza. Ce ne sono stati tanti che sono andati più in là prima e dopo. Ma Modigliani è uno. Modigliani è indivisibile. La sua storia comincia e finisce con lui. E anche la sua pittura.

Modigliani è l’unità dell’anima. Era un peccatore rovinoso, di quelli che bruciano e consumano tutto per arrivare al centro dell’anima. Il colore era l’emanazione di questo centro: la sua radice e la sua estasi. Quando s’è voluto teorizzare sulle sue gamme, ne è venuto fuori un riassunto di laboratorio. Per raggiungere l’ansietà dei rossi Modigliani ha vissuto sul bruciato. Ha peccato. Ha espiato. Ha peccato ancora. Come santa Caterina cercava il suo rosso. Era un presentimento e una vocazione. Le donne erano fuoco. La pittura era fuoco. Parigi come Babilonia la capitale del male. La vedeva rossa come i senesi, la città del demonio. E rosse le facce delle donne dai cui occhi l’anima dipartiva alitavano nell’aria arrossandola. Quando Modigliani consumò l’ultimo rosso, morì …

Dal critico d’arte R. Carrieri, tratto dal suo testo del libro

Amedeo Modigliani” Parigi – 1950

La vita dell’artista livornese Amedeo Modigliani assomiglia alla storia di un vero romanzo. Tutti gli ingredienti tradizionali sono già presenti: belle donne, amore, sesso, soldi, artisti, quartieri di Parigi, romanticismo, violenza, successo troppo tardivo, amicizia, suicidio, tragedia e alla fine una bella storia di una coppia che si ritrova nella morte come un happy end morale.

Due giorni dopo la morte dell’artista Modigliani nel gennaio 1920, soprannominato “M le Maudit”, la sua promessa sposa e madre della piccola Giovanna, Jeanne Hébuterne muore suicida per raggiungere l’amore della sua vita, il suo Modi’ al cimitero del Père Lachaise a Parigi. Et voilà! Una bella fine tragica degno di un’opera di Verdi alla Scala di Milano. No! Non siamo in un’opera lirica ma nella realtà della miseria dei quartieri parigini, dove vivevano gli artisti nei primi anni del 1900. Una bella storia d’amore come l’artista Modigliani ha conosciuto durante la vita vissuta in Francia con delle donne favolose e innamorate fino a morire per lui.

La vita di Modigliani si è sviluppata tra Livorno, dove nacque nel 1884, e Parigi, dove ha vissuto la sua vita di artista. Il legame con la sua città natale in Toscana non si è mai interrotto ma era sempre stata una sofferenza di rimanere non capito e apprezzato dalla sua gente. Nella “Villa Lumière”, dove arrivò giovane nel 1906, si sente a suo agio con gli altri artisti di tutte le nazionalità emigrati a Paris. Abbiamo tutti in testa la sua reputazione di un uomo alcolizzato, drogato o bohémien. È vero, però come tanti altri artisti della sua epoca. Ma Modì era altro. Le sue precarie condizioni di salute sin da piccolo, la sua malattia che lo ucciderà, la tubercolosi, lo faceva soffrire molto e il suo stato di salute precario lo impediva anche di fare la sua arte con serenità ben più della sua miseria. Gli impedirono a causa delle polveri, di dedicarsi all’arte della scultura per esempio. Sapeva di avere poca vita e che questa doveva essere vissuta intensamente. Opere vere e false sono state vendute in tutto il mondo. Tanti bravi falsari hanno potuto vendere opere di quest’artista alla moda senza vergogna, anche se hanno provocato tante polemiche. La più sconcertante è stato proprio nella sua città natia, a Livorno, nel 1984, con il ritrovamento di tre sculture nei canali, frutto di una burla studentesca.

Modì le Maudit”, il “Maledetto”’ era stato a Montmartre soprannominato Amedeo Modigliani.

“… Modigliani era un Botticelli moderno,

tutto bruciato dal fuoco dello spirito,

che rende esili,

quasi immateriali le sue creature,

per lasciarne meglio trasparire

lo spirito meditativo

e gentilmente malinconico …”

Patrice Avella