Vincenzo Trama - Intervista a Patrizia Raveggi

Vincenzo Trama – Intervista a Patrizia Raveggi

Ciao Patrizia, anzitutto complimenti per il tuo lavoro con Vitomil Zupan e per la tua uscita con Minuetto per chitarra (a venticinque colpi). Noi del Foglio Letterario abbiamo avuto il piacere e l’ onore di ospitarti quie, in attesa di leggere altro di tuo nella nostra rivista, ti facciamo tutti grandissimi auguri per il tuo approdo con i tipi di Voland. Com’è avvenuto il tuo incontro con loro e come avete iniziato questa collaborazione?

Vincenzo, intanto i complimenti li meritate voi del Foglio Letterario, per l’approccio innovativo, e la verve polemica, per la generosità creativa e critica con cui offrite nuove prospettive di conoscenza a chi voglia accostarsi a pascoli affascinanti e raramente esplorati. E complimenti a te, nel caso specifico, per le domande che mi poni (ci vorrebbe un altro libro per rispondere sul serio a tutte) e per come hai saputo leggere Minuetto, smentendo la voce che l’unico che veramente legge i libri è il traduttore!

La Casa Editrice Voland, e il nome lo fa sospettare, dai suoi inizi negli anni ‘90 inclina verso la letteratura russa (e mi ha molto commosso scoprire che il nostro Vitomil Zupan, l’autore diMinuetto, a causa del suo look tenebroso e affascinante, venne paragonato da un ammiratore suo contemporaneo al Voland del Maestro e Margherita. “Allora è dimostrato!-mi sono detta- Il caso non esiste: in Italia questo romanzo non poteva essere pubblicato da nessun’altra Casa Editrice. Stiamo assistendo all’epico incontro di due Voland, luciferini entrambi”).

In seguito la scelta si amplia ad altre letterature, rimane però la spiccata predilezione per quelle dell’Est Europa. Con notevole fiuto di talent scout, è stata la Voland stessa a propormi Minuetto, e- per rispondere subito a un’altra tua domanda- : mi auguro cheMinuettosi comporti bene sulle piazze italiane e si conquisti la simpatia e l’interesse di tanti lettori. Saranno loro poi a chiedere a gran voce Levitan, Viaggio al termine della primavera, Giocare con la coda del diavolo, La commedia del tessuto umano, L’apocalisse del quotidiano…

Quant’ è difficile, in Italia, avere a che fare con la traduzione, magari anche di autori poco noti, come quelli della cultura slovena? Quali prospettive ci sono, secondo per te, per i giovani che vorrebbero intraprendere il tuo stesso percorso?

Uno scrittore italiano, toscano trapiantato a Milano, che raggiunse il successo negli anni Sessanta del Novecento con un romanzo dal titolo antifrastico rispetto al film di Fellini “La dolce vita”, considerava la scrittura come una vacanza del fine settimana rispetto allo sfruttamento del cottimo del traduttore, costretto alla “faticaccia infame” della catena di montaggio di un ineludibile numero di cartelle quotidiane. Per quello scrittore/traduttore il lavoro di chi traduce è “una fatica fisica e psicologica da sterratore”, infatti “i movimenti di terra” il traduttore li fa con la vanga e la barella, come i terrazzieri […]”

A coloro che volessero intraprendere la strada della traduzione, dopo la laurea, consiglierei di riflettere su quest’esperienza: un’esperienza estrema, se si considera che lo scrittore in parola tradusse dal 1955 al 1971 in media dieci libri all’anno, affiancandovi i libri propri, redatti nei momenti di riposo.

Tradurre non è soltanto un lavoro massacrante, un “battonaggio quotidiano” ma “finito il lavoro- che è sempre opera approssimativa- non c’è volta che tu ne sia contento davvero[…] dubbi e pentimenti ti rimangono, e ritornano in folla dopo che il libro è stampato”.

Cito dallo scrittore, ma potrebbero essere riflessioni mie o di chiunque altro del mestiere, a uso e consumo dei futuri traduttori.

Sempre in termini di prospettive sarà mai possibile vedere in ItaliaCommedia del tessuto umano(1980) e Levitan (1982), sempre dello stesso Zupan?

Mi auguro di sì, mi auguro che i lettori rispondano positivamente aMinuettoe che il buon esito della pubblicazione convinca la Casa Editrice a non abbandonare Zupan.

Entriamo un po’ nel merito del libro; il romanzo di Zupan ha una scrittura corposa, densa, e non potrebbe essere diversamente visto gli argomenti trattati: quanto è stato complesso per te accostarti al suo linguaggio, così vitale ed espressivo?

Non succede spesso, ma in questo caso mi sono sentita subito a casa: cito ancora una volta dallo scrittore /traduttore: “tra le rarissime gioie del lavoro di traduzione può esserci quella di incontrare un autore che scrive esattamente come avresti sognato di scrivere tu, e allora ti sembra di inventare, non di tradurre”. Il piacere di leggere Zupan si è riversato nel piacere di trapiantare la sua parola altrove e cercare di farla attecchire e prosperare.

Ai giovani traduttori in pectore va detto anche questo: il tradurre può concedere delle gioie: rarissime, (ribadisce lo scrittore/traduttore), ma ci sono e non devono essere sottovalutate.

Per utile ammaestramento faccio omaggio agli scrittori in pectore, di una riflessione di Zupan sulla possibilità di cogliere la realtà (la realtà?), penetrarla e fermarla per mezzo della parola scritta, di trasmettere così pensiero ed esperienze ai lettori, fondendosi con loro, condividendo con loro il proprio vissuto: un sogno irrealizzabile…

«Scrivere? Come? Con le parole, naturalmente. Ma quali? Di che tipo? Perché tutto questo si riversi da me sulla carta e abbia la capacità – dalla carta di risalire fino a qualcun altro, senza che ci sia alcuna differenza tra il palmo della mia mano e il palmo di colui che mi leggerà? No, non è possibile. Lo so. Non ne sono capace. E non so neppure se…ma è necessario? Non è che la questione della scrittura sia completamente diversa? Che avventura eccitante: far rivivere nella parola il quotidiano, l’effimero!…»

Mutatis mutandislo stesso senso di impotenza invade i traduttori di fronte alla forza narrativa, alla felicità verbale dei loro autori, nella certezza di imminenti (per quanto incolpevoli) sconfitte e nella (utopica) speranza di affidarsi al potere costruttivo delle parole, una volta che esse si siano fenomenizzate dalla memoria della lingua: che siano esse a indicare la via, a trascinare il testo fuori dalle secche degli spasmi della traduzione.

Napisati? Kako? Z besedami, seveda. A s kakšnimi? S katerimi? Da bo tole iz mene prišlo na papir in bo imelo sposobnost – s papirja priti nazaj v nekoga, in da ne bo nobene razlike med mojo dlanjo in dlanjo tistega, ki bo bral? Ne bo šlo. Vem. Ne zmorem. In tudi ne vem, ali je to sploh potrebno? Morda je pa vprašanje pisanja čisto drugačno? Kakšna velika, razburljiva pustolovščina: v besedi oživiti nekaj vsakdanjega, minljivega!

Nella tua postfazione (pg. 509-510) emerge la spiccata quanta eclettica personalità di Zupan: un viveur, un uomo decisamente al di sopra delle regole, capace di irridere tutto, sé stesso come la guerra. Quanto secondo te ciò ha inciso in termini di riconoscimenti nella sua carriera, in patria come all’estero, anche dopo la sua morte?

Ho ripreso questa mattina in mano il romanzo, nella sua veste italiana. Proprio all’inizio mi è saltato agli occhi (a p.8) che “una buona metà di uno dei quaderni di appunti trovati nello zaino del partigiano Berk è occupata da riflessioni sui rapporti tra sudditi e potere”, e a conclusione delle riflessioni una frase tratta dal XXV capitolo del Principedi Machiavelli, come un condensato di risposta alla tua domanda.

Zupan fu atipico in tutto, il suo spontaneo anticonformismo- ludico, sarcastico-, lo faceva temere e tenere alla larga dagli uomini d’ordine. Tuttavia era ben consapevole che il non essere organico a nessun regime non faceva prevedere niente di buono per il suo futuro; lo sapeva Machiavelli e lo sa anche Berk; credo che[…]sia infelice quello, dal cui procedere si discordano i tempi.Il suo non tacitabile spirito critico lo condanna senza remissione alla solitudine e la sua inquietudine gli vieta la ricerca di felicità. Ricordi Vincenzo? Il lungo colloquio/scontro finale con l’ufficiale tedesco?

Lei è un uomo infelice” ha detto Bitter. Il che mi ha reso furioso. Non ho che una vita — e dovrei viverla come un imbecille solo per essere più felice?”(MPC, 416)

Emotivo e sensuale, impervio e impulsivo, adorava gli scandali; il massimo del gusto per lui, opporsi al potere, fronteggiandolo. Non si sarebbe mai inchinato davanti a gente arrivata in alto senza veri meriti. In un ricordo di Filip Kumbatovič – Kalan emergono alcune delle caratteristiche che lo rendevano al tempo stesso temibile e attraente, pericoloso e prezioso:

«Degli uomini di lettere, l’unico che ancora passeggia a Črnomelj, nel territorio liberato della Bela Krajina, è Vitomil Zupan: un partigiano tenebroso, un po’ snob cittadino e un po’ legionario straniero, già marinaio e studente di ingegneria, elegante e cosmopolita, poliglotta, amante delle beffe, antipatico se appena ne ha l’occasione, coccolato dalle donne./…/ malgrado il suo modo di fare è di grande utilità, ha scritto quattro sketch propagandistici e li abbiamo fatti rappresentare tutti» (Kalan 1975: 141).

Nel 2014, il centenario della nascita di questo artista costantemente emarginato, in vita e dopo, è stato celebrato in Slovenia con molte articolate manifestazioni; in tale occasione un noto giornalista e pubblicista sloveno ha scritto che se Zupan riapparisse oggi in scena, se fosse qui oggi:

«Se fosse qui oggi, verrebbe di nuovo crocifisso, e messo di nuovo in carcere. In quest’epoca puritana, in cui i massimi critici del totalitarismo si scagliano contro chi la pensa diversamente da loro (anzi, contro chi pensa e basta) e non perdono occasione per sfoggiare i loro metodi di rieducazione, Vitomil Zupan sarebbe considerato più pericoloso che in qualsiasi altro momento.»

Negli ultimi anni della sua vita, dal 1973 al 1978 gli fu molto vicina la poetessa Ifigenija Simonovi, allora giovanissima studentessa, che ricorda come Zupan le mostrasse spesso i quaderni di poesie degli anni del carcere, scritti avventurosamente e ancor più avventurosamente contrabbandati all’esterno, sottraendoli a perquisizioni e sequestri. Lui lasciava capire che ne avrebbe molto desiderato la pubblicazione.

E Ifigenija- dopo più di due decenni – è riuscita a mantenere la tacita promessa di occuparsene, spendendo molti anni di vita nel decifrare la minuta scrittura di Zupan e nel trascrivere i versi (più di 60.000 versi! In 1800 pagine fitte fitte), pubblicandoli infine nel 2006 in sette volumi. Per i tipi di una casa editrice da lei stessa fondata a questo scopo: nessun altro editore avrebbe mai potuto pubblicare una raccolta di poesia talmente vasta.

Racconta ancora Ifigenija: «Lo stesso Zupan diceva che a Lubiana non si sentiva amato, che i suoi amici si contavano sulle dita di una mano. Aveva sopportato gli anni di carcere sperando di poterne uscire, un giorno; e così aspettava e sperava che avesse termine un regime con il quale non poteva in alcun modo identificarsi. L’aveva tanto desiderata la democrazia e ora che era arrivata non era la cosa giusta; tanto meno lo era il comunismo, neppure il comunismo dal volto umano, che lo faceva ridere. Era solito dire che il comunismo è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e il capitalismo il contrario

Ifigenija è convinta che le giovani generazioni siano pronte ad accogliere senza pregiudizi l’opera di Zupan, che nel frattempo, dopo tanto silenzio, viene data di nuovo alle stampe, gli inediti pubblicati, appaiono nuove analisi critiche e tesi di laurea, un film documentario su di lui, dal titolo “Venticinque colpi per Vitomil Zupan” del regista Janez Burger mentre anche le traduzioni sono in aumento.

La musica è uno dei temi portanti di Minuetto per chitarra (a venticinque colpi). Si citano canti partigiani popolari e partigiani, ma anche stralci più lirici e classici. Nella recensione ne parlo in ottica salvifica, allo stesso modo delle figure femminili, che richiamano in modo prepotente Berk a una dimensione umana altrimenti annientata dalla guerra. Sei d’accordo con questa interpretazione?

Abbiamo detto poco sopra delle poesie, le migliaia di versi che Zupan scrisse in carcere; tra di esse sono stati trovavi anche degli spartiti musicali e circa quaranta poesie composte su melodie indicate con precisione, per lo più di prima della guerra. Zupan conosceva bene la musica del suo tempo e non solo in Jugoslavia, aveva viaggiato in tanti paesi, dalla Turchia al Portogallo, parlava le lingue, e aveva ricevuto una buona educazione musicale, suonava bene la chitarra. Grazie a Ifigenija Simonovi e alla sua collaborazione con Vita Mauri e Jani Kovačič, si arrivò all’organizzazione di serate musicali sui testi di Zupan. I due cantanti e musicologi portarono in concerto le poesie musicate di Zupan in uno spettacolo dal titolo “Vitomil Zupan: Šlagerji in pesmi iz zapora – Canzoni popolari e poesie dal carcere di Vitomil Zupan”. La musica, la poesia e la letteratura ebbero certamente funzione salvifica nel periodo del carcere e sono d’accordo con te che i paratesti musicali (e poetici e letterari) che abbondano nel romanzo – oltre al ricorrere in funzione metaforica del Minuettodi Sor – permettono alla pagina di respirare e allentano la tensione della scrittura.

Per quanto riguarda le figure femminili e il sesso, uno dei temi costanti in tutta la produzione di Zupan è la sessualità, in “Levitan”, in “Gioco con la coda del diavolo” e nella “Commedia del tessuto umano” in misura addirittura superiore a Minuetto.

Le scene di sesso in Minuetto infatti sono situate entro scenari di guerra, mentre non si rilevano nelle parti “spagnole”: infatti la sessualità ha un proprio ruolo antagonistico alla guerra, è stato notato che in Zupan guerra e sessualità sono pari a pari, elementi entrambi dell’uomo allo stato naturale, simili per forza ed esplosività. La sessualità su cui riflette e fantastica Berk sembra discendere da una forma arcaica di considerazione del sesso come forza primordiale, catartica e salvifica, capace di mantenere il contatto con la realtà nelle situazioni più assurde o estreme (1).

La figura di Anton, quasi un alter ego dello stesso Berk, è una delle più affascinanti nel romanzo. Il suo misterioso passato nella guerra civile spagnola, la profonda erudizione, il suo solo apparente distaccato cinismo lo delineano come personaggio dalle mille sfaccettature, certamente fra i più riusciti del libro. Ce ne sono molti altri, però, che attirano l’ attenzione del lettore: Leon, il bigliettaio, Janez, Iztok, Jošt, e i mille cittadini slavi che Berk incontra nel suo viaggio di guerra. Chi, in fase di traduzione, ti è entrato più sottopelle e perché?

Non è un caso che Zupan abbia il suo doppio in Berk e Berk in Anton e Anton in Žarko… è un topos romanzesco quello dei due eroi, il protagonista e la sua spalla, Achille e Patroclo, Il sosia, Il compagno segreto… si potrebbe allungare l’elenco all’infinito, giusto per dire che lo sdoppiamento è funzionale alle esigenze narrative; e per rispondere alla tua domanda, sai che ..ma sì! Tujčko, il giullare della compagnia, surreale come uno spirito folletto, che non ha paura di dichiarare (anche in musica!) che il re è nudo.

Cosa potremo leggere in futuro di tuo, Patrizia? Quali progetti hai in cantiere?

Vincenzo, i progetti incombono, ce ne sono sempre di nuovi, è il tempo che manca… uscirà in autunno una sorta di meditazione filosofica in forma narrativa sulla vita di Glenn Gould, l’autore, Mirt Komel, è uno scrittore e filosofo sloveno, che aveva già pubblicato un avvincente saggio sul tema del “toccare” e che subito dopo si è prodotto in un romanzo giallo di buona fattura, (il genere giallo è di gran voga in Slovenia) e penso agli inizi del prossimo anno un bel romanzo di Dušan Šarotar “Panorama” e poi… poi c’è altro, ma già ti ho preso troppo spazio.

Dove sarete prossimamente tu e Zupan, in giro? Verremmo volentieri a sentirvi!

Direi che Minuetto non potrà mancare la Fiera del Libro di Roma, non ho le date ancora, ma di solito inizi dicembre, e chissà, forse il Salone di Torino (maggio?) e poi … poi appena lo so ti faccio sapere, sarebbe una magnifica rimpatriata trovarti da qualche parte conMinuettosotto il braccio (invece del Corriere) per farti riconoscere.

Grazie ancora per la tua disponibilità e un grande in bocca al lupo per i tuoi lavori futuri!

Vincenzo Trama

(1) (MPC 131)«Un brivido mi ha attraversato la schiena. La voce le si è fatta più scura, lo sguardo un po’ annebbiato. Sfiorandola con le dita ho sentito il suo fremito. Tutto quello che ci circondava si è allontanato, è rimasta solo una luminosità attorno a noi due, attraversata dalle ombre dello sguardo corporeo che si andava spegnendo e di quello interiore che cresceva. Questo è quanto; ho pensato, questo è alla base, questo è più forte di tutto il resto, qui non ci sono più inibizioni, qui cadono tutti gli ostacoli; ma quale serpente nel paradiso! Ma quale mela! Ma quale peccato! Questo è il gorgogliare morbido di una cascata di acqua calda che irretisce nelle sue onde due corpi, li strappa l’uno dall’altro e li ricongiunge, li porta lontano, perché nel desiderio è tutto reale, rosso, violaceo, dorato e nero… il profumo dei capelli, del sesso, della pelle… lo sciabordio delle onde… Ti sento…»